«Cristallo», 2016, LVIII, 1, Cir-convenzione di incapace

Cir-Convenzione di incapace1

Due definizioni, un’analisi ed una proposta2

La Convenzione per la riforma dello Statuto di autonomia e’ stata istituita con Legge della Provincia Autonoma di Bolzano n. 3 del 23 aprile 2015, mentre nel Trentino e’ stata istituita una Consulta per lo stesso scopo, al fine di elaborare delle proposte di modifica dello Statuto di autonomia del 1972, elaborato mezzo secolo fa.

Come dice l’art. 1 della L.P. 3/15:

Al fine di garantire un’ampia partecipazione della societa’ civile altoatesina alla riforma dello Statuto di autonomia, e’ istituita una Convenzione provinciale (Convenzione sull’Alto Adige) con il compito di esaminare una bozza riguardante, sia gli adeguamenti istituzionali sia le necessarie integrazioni allo Statuto di autonomia, di discuterla e presentarla al Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano.

Il costo complessivo previsto per l’attuazione della Legge e’ di 350.000 €uro. L’incarico ovviamente non e’ stato dato alla LUB, ma all’EURAC.

La circonvenzione di incapace e’ un delitto previsto e punito dall’ art. 643 del codice penale. Consiste nell’abusare dei bisogni, passioni o dell’inesperienza di persona minore o in stato d’infermita’ o deficienza psichica, al fine di procurare a se’ o ad altri un profitto. Completa la fattispecie la circostanza per cui la condotta dell’incapace deve consistere in un atto dannoso per se’ o per altri.

In una prima fase dei lavori della Convenzione sono stati istituiti degli Open space, organizzati dall’Eurac, nei quali chiunque ha potuto partecipare ed esprimere la propria opinione sui temi proposti alla discussione ed anche presentarne di nuovi. Complessivamente sono stati discussi 35 argomenti. Verranno quindi scelti 100 membri di un forum di discussone; successivamente 8 di queste persone verranno scelte per partecipare alla Convenzione dei 33, insieme a persone designate dal Consiglio provinciale, dalle parti sociali, tecnici e giuristi, che concluderanno i lavori nel 2017 e consegneranno le proposte al Consiglio provinciale. Il documento finale verra’ successivamente consegnato al Parlamento italiano.

Prima dell’inizio dei lavori della Convenzione il Landeshauptmann Kompatscher ha piu’ volte ribadito che i pilastri dell’autonomia – la proporzionale, il bilinguismo, l’interpretazione SVP dell’art. 19, ecc. – non potranno essere messi in discussione, evidenziando ancora una volta la continuita’ pur nella modernita’ con il suo predecessore Durnwalder, il quale aveva definito il tavolo di lavoro istituito da Bressa nel 2001 il muro del pianto degli italiani.

Il senatore Palermo – il miglior senatore italiano che la SVP potesse scegliere – esprime sommessamente disagio per questo e per il fatto che la Commissione dei sei, da Lui presieduta, si riunisce di quando in quando solamente per approvare norme concordate da Zeller col ministro competente di turno, come e’ accaduto da sempre nella Seconda repubblica.

Gli open space si sono caratterizzati per una scarsissima presenza di altoatesini, meno di 200 persone su circa 2.000 partecipanti nei 9 incontri svolti.

Soprattutto in periferia, dove oggettivamente gli altoatesini si sono trasferiti da tempo in altre regioni d’Italia o, rimanendo sul posto, nell’altro gruppo linguistico, confermando la prognosi del sociologo Acquaviva, gli altoatesini erano quasi completamente assenti.

Ovunque si e’ manifestata una notevole presenza, anche politicamente organizzata, di sudtirolesi, i quali spesso hanno evidentemente confuso la proposta di una riforma dell’autonomia con la richiesta dell’autodeterminazione, che oggettivamente e’ un’altra cosa, o ripropongono le tesi sulla toponomastica monolingue, la separazione etnica, ecc. portate avanti per decenni dalla SVP ed ora da questo partito temporaneamente accantonate.

Tra le altre cause della mancata partecipazione degli altoatesini ai dibattiti potrebbe esserci l’oramai caratteristica disaffezione di questi al voto e sfiducia nella politica. Infatti, dopo avere perso quasi trent’anni votando per i partiti contrari all’autonomia e dopo aver visto che anche i governi di Centrodestra sono molto piu’ interessati al consenso della SVP piuttosto che al disagio degli Italiani dell’Alto Adige, da alcuni anni gli altoatesini disertano le urne.

A partire dalle elezioni provinciali del 2013 si e’ evidenziata una bassissima partecipazione elettorale del corpo elettorale dei 118.000 altoatesini superstiti, tanto piu’ evidente se contrapposta all’altissima partecipazione elettorale dei 314.000 sudtirolesi, che ha portato all’elezione di soli 5 consiglieri provinciali italiani su 35 – erano 11 su 34 nel 1973 ! – ed alla conseguente riduzione della rappresentanza italiana nella giunta provinciale ad un solo assessore, esattamente come il gruppo ladino che conta 20.000 persone.

Nel Consiglio provinciale di Bolzano il gruppo sudtirolese, che rappresenta il 69,41% della popolazione, elegge l’83% dei consiglieri provinciali ed il 75% degli assessori; il gruppo ladino, che rappresenta il 4,53% della popolazione, elegge il 3% dei consiglieri provinciali ed il 12,5% degli assessori; il gruppo altoatesino, che rappresenta il 26,06% della popolazione, elegge il 14% dei consiglieri provinciali ed il 12,5% degli assessori.

Anche nelle amministrazioni comunali il gruppo linguistico italiano e’ assolutamente sottorappresentato.

Fino alle elezioni amministrative del maggio 2015 nei 116 comuni dell’Alto Adige il gruppo sudtirolese, che rappresenta il 69,41% della popolazione, eleggeva l’83% dei consiglieri comunali in tutti i 116 comuni della provincia ed eleggeva 102 sindaci e 14 vicesindaci. Il gruppo ladino, che rappresenta il 4,53% della popolazione, eleggeva il 6,7% dei consiglieri comunali nei 15 consigli comunali dove e’ presente e, conseguentemente alla concentrazione territoriale, esprimeva 8 sindaci. Di questi 110 sindaci 107 erano della SVP e 3 erano eletti in liste civiche. Il gruppo altoatesino, che rappresenta il 26,06% della popolazione, eleggeva l’8,8% dei consiglieri comunali nei 34 consigli comunali dove era ancora presente, 6 sindaci, 7 vicesindaci e 45 assessori comunali. In 10 dei 34 consigli comunali dove era ancora presente era rappresentato solamente da un consigliere, quindi senza il diritto di entrare in giunta perlomeno a titolo etnico.

I 5 comuni rimasti a maggioranza italiana sono anche i comuni con la maggiore presenza di immigrati: a Bolzano sono oltre 15.000, il 15% della popolazione, triplicati negli ultimi dieci anni; a Laives sono oltre 1.700, il 10% della popolazione; a Salorno sono oltre 700, il 20% della popolazione. Immigrati che, quando inizieranno ad organizzarsi politicamente, non potranno fare peggio degli altoatesini.

Ovviamente questi dati vanno integrati anche con elementi di analisi relativi ad altri settori, come l’economia o la scuola.

In una recente classifica pubblicata dalla Camera di commercio di Bolzano comprendente le aziende con sede locale ordinate per valore della produzione relativa al 2012, troviamo solamente quattro imprenditori italiani nei primi cento posti, ma due di questi sono operatori economici residenti in altre province italiane. Le altre aziende sono di proprieta’ di sudtirolesi, multinazionali o pubbliche.

I risultati dei test Ocse Pisa riguardanti le scuole provinciali sono piu’ alti rispetto ai dati nazionali – inferiori alle medie europee – ma l’analisi dei risultati provinciali divisi per la lingua di insegnamento delle scuole evidenzia una notevole differenza a favore delle scuole con lingua di insegnamento tedesca. Alcuni commentatori mettono in relazione questi risultati con il fatto che la maggior parte degli immigrati frequenta le scuole di lingua italiana, soprattutto quelle dei quartieri prevalentemente italiani con un livello socioeconomico piu’ basso, dove sempre piu’ numerose sono le manifestazioni di insofferenza per questa situazione.

I dati ufficiali relativi all’anno scolastico 2012/2013, ma la situazione si e’ ulteriormente accentuata negli ultimi anni, rilevano una presenza complessiva del 13,2% di bambini immigrati nelle scuole dell’infanzia dell’intera provincia, che non sono equamente distribuiti nelle scuole dei diversi ordini linguistici: sono il 25,6% degli iscritti nelle scuole italiane ed il 9,4% nelle scuole tedesche e ladine.

Nelle scuole secondarie di secondo grado di lingua tedesca gli alunni stranieri sono 526 su 14.545, il 3,61% degli iscritti; nelle scuole di lingua ladina gli alunni stranieri sono 7 su 453, l’ 1,54% degli iscritti; nelle scuole di lingua italiana gli alunni stranieri sono 1.029 su 6.012, il 17,11% degli iscritti.

Nei corsi a tempo pieno delle scuole professionali di lingua tedesca e ladina gli alunni stranieri sono 254 su 3.769, il 6,73% degli iscritti; nelle scuole di lingua italiana gli alunni stranieri sono 439 su 1.165, il 37,68% degli iscritti.

Tutto questo mentre anche recentemente autorevoli esponenti della SVP chiedono dei test di conoscenza linguistica per arginare le richieste di iscrizioni alle scuole di lingua tedesca da parte di altoatesini.

Da una parte la popolazione sudtirolese continua a votare, e fa notizia il fatto che il partito di raccolta etnico – che ha saputo conquistare e gestire la piu’ garantita e ricca autonomia etnica d’Europa – sia sceso nelle elezioni provinciali del 2013 per la prima volta dal 1948 sotto la soglia della maggioranza assoluta. Dall’altra gli altoatesini partecipano sempre meno alle elezioni, soprattutto quelle di carattere locale, dove in misura sempre maggiore votano la SVP e continuano a penalizzare i partiti italiani, filiali locali che seguono pedissequamente le sorti dei partiti nazionali. Chi scrive pratica dichiaratamente l’astensionismo elettorale – che non va confuso col disimpegno politico – dal 1992 per quanto riguarda le elezioni politiche e dal 1993 per quanto riguarda le elezioni provinciali.

Per tutti gli anni Ottanta e Novanta venivano penalizzati solamente i debolissimi partner locali della SVP; negli ultimi anni anche i partiti che sono sempre stati all’opposizione a livello locale ma spesso al governo a livello nazionale, dimostrando che a quel livello conta sempre e comunque solamente il rapporto con la SVP.

La sempre maggiore disaffezione degli altoatesini per la politica si e’ manifestata anche nelle recenti primarie del PD per la scelta del candidato sindaco alle prossime elezioni comunali di Bolzano. Forse ricordando la sceneggiata politica delle elezioni comunali bolzanine del 2015 ed il fatto che la SVP e’ in maggioranza con il Centrodestra a Brunico da 10 anni ed a Laives lo scorso anno non ha dato indicazioni di voto al ballottaggio, affermando che entrambi i candidati – la ex sindaca e segretaria provinciale del PD ed un esponente di spicco del Centrodestra – erano sostanzialmente politicamente simili, gli stranieri ed i giovani d’eta’ compresa tra i 16 ed i 18 anni che si sono registrati per il voto entro domenica 28 febbraio sono stati complessivamente 65.

Alle primarie hanno partecipato complessivamente 1.791 persone, su una base teorica di oltre 80.000 persone, che hanno scelto un settantenne da sempre di area democristiana. Al secondo posto un ex PLI-DC-CCD-UCD-FI-Margherita-UDC-oraPD.

Alle primarie per la Segreteria del PD svolte nel 2013 avevano partecipato oltre 6.500 persone.

Certamente agli altoatesini non mancano le ragioni che hanno portato molti italiani ad allontanarsi dalla politica negli ultimi vent’anni, considerando la classe politica come una casta inetta di persone incapaci di risolvere i problemi – anzi, spesso impegnata a crearne, per motivare la propria esistenza – attenta solamente alla difesa dei propri privilegi. Oltre a questi motivi ve ne sono di specifici a livello locale, dati dall’evidente incapacita’ di rapportarsi in maniera politicamente dignitosa con il partito localmente ed etnicamente dominante, che puo’ permettersi di cooptare al governo come rappresentanti degli altoatesini anche le persone meno votate da questi ultimi, incapaci anche di rapportarsi con i rappresentanti nazionali dei partiti di cui sono sezioni a livello locale, sia quando sono al governo sia quando sono all’opposizione.

Nel corso degli ultimi trent’anni pero’ le cose sono radicalmente cambiate nel panorama politico nazionale e conseguentemente anche in quello locale. Sicuramente gli altoatesini sono maggiormente autonomisti, ma e’ un autonomismo del magna e ta’si, dato dalla consapevolezza che in Italia le cose vanno decisamente peggio. Anche chi continua a votare per i partiti di opposizione e’ consapevole che la qualita’ della vita nella Autonome Provinz e’ decisamente migliore rispetto al resto d’Italia, mentre anche chi vota per i partiti altoatesini chiamati al governo locale dalla SVP e’ consapevole dell’assoluta inutilita’ dei propri rappresentanti, in un circolo vizioso tra la delegittimazione della propria rappresentanza politica da parte della SVP e del consenso prima o della partecipazione elettorale poi degli altoatesini.

I politici ed i partiti italiani non si dividono tra Centrodestra e Centrosinistra ma tra

QuellichefarebberoqualsiasicosapurdifarsicooptaredallaSVP e

QuellichehannofattoognicosapurdiesserecooptatidallaSVP.

Mentre gli scandali politici, sempre piu’ diffusi anche nel mondo sudtirolese – dai politici che utilizzano i partiti come dei taxi a quelli che utilizzano i fondi pubblici ed i finanziamenti dei partiti per scopi personali a volte anche esilaranti, sempre comunque imparagonabili con quelli italiani – portano sempre piu’ frequentemente la SVP a temere non piu’ la snazionalizzazione da parte italiana, ma la sensazione di essere considerata alla stregua degli innumerevoli partiti italiani, l’autonomismo per comparazione e/o per disperazione degli altoatesini e la conseguente rassegnazione ha trovato anche una forma di protesta diffusa, per la prima volta non solamente da parte dei sudtirolesi e dei trentini. E’accaduto nella primavera del 2014 in occasione delle polemiche sui privilegi delle autonomie provinciali di Trento e Bolzano conseguentemente ad una nota trasmissione televisiva di carattere nazionalpopolare. Chi aveva auspicato una forma di patriottismo autonomistico costituzionale da parte delle popolazioni locali ha visto nell’arco di pochi giorni una forma di egoismo costituzionale fino ad allora inaspettato – nonostante le polemiche che l’anno precedente avevano investito i partiti di maggioranza, per quanto riguarda lo scandalo SEL, e tutti i partiti per quanto riguarda lo scandalo del Fondo family – in un gioco continuo di rinegoziazione, costruzione, decostruzione e ricostruzione delle identita’ collettive dalle dinamiche particolarmente accelerate dai mass media e dai social media.

Anche la presenza sempre piu’ massiccia di popolazione di origine straniera, soprattutto nella citta’ di Bolzano – che ha quantitativamente superato ampiamente il gruppo ladino a livello provinciale – ha modificato la realta’ sociale e la percezione reciproca dei tre gruppi che storicamente abitano il territorio. Questi una volta evidenziavano le differenze tra loro, mentre ora evidenziano le analogie tra loro e le differenze socioculturali con gli immigrati. Gli altoatesini, considerati e trattati per decenni come gli ultimi, lo Staatsvolk da disprezzare come lo Stato che ne ha causato la presenza, improvvisamente si sentono i penultimi nella scala sociale e questo li gratifica, non rendendosi conto che gli immigrati sono spesso piu’ abili nello sfruttare le risorse del welfare locale e piu’ veloci nell’apprendere le lingue straniere, perche’ consapevoli di essersi trasferiti all’estero, mentre gli altoatesini, soprattutto quelli delle generazioni piu’ anziane e dei livelli socioculturali piu’ bassi, ignoravano la realta’ locale nei suoi aspetti storici, geografici e culturali, a volte anche disprezzandola in seguito alla diffusione ed al successo dell’ideologia nazionalista, prima e dopo la fine del fascismo, autoghettizzandosi – oltre che ghettizzati dal partito etnico localmente dominante – ed autocompiacendosi nel “disagio degli italiani” che alla fine dei conti e’ stato decisamente fortunato.

Il “fortunato disagio degli italiani” e’ un ossimoro che richiama l’attenzione sul fatto che la consapevolezza di avere perso quasi completamente il potere, ma anche gran parte della dignita’ politica e sociale, ha portato gli altoatesini a votare per protesta partiti antiautonomisti e nazionalisti per quasi trent’anni. Durante questo periodo si confrontavano con la popolazione sudtirolese che all’epoca e’ riuscita a riprendersi, con gli interessi, il potere precedentemente sottratto dallo Stato italiano nella forma fascista ed in quella democratica. Ora che si confrontano con i loro amici e parenti che “vivono in Italia” (come oramai si dice sempre piu’ frequentemente, anche se ancora con un certo imbarazzo) le scelte elettorali sono maggiormente orientate verso l’astensionismo o il voto per la SVP o per i partiti italiani locali scelti da quest’ultima.

Gli altoatesini sono passati da una forma di resistenza – spesso caratterizzata da forme di nazionalismo – all’autonomia ed alla sua teutonica ed etnica applicazione a forme di resilienza. Mentre la resistenza spesso si caratterizza con forme di rigida fissita’, la resilienza e’ la capacita’ di un sistema, anche sociale, di sfuggire ad un livello irreversibile di degrado in forma elastica, non rigida, di adattarsi elasticamente per non spezzarsi. Per difendersi dalla politica attuata dalla SVP, dai partner italiani scelti da questo partito a rappresentarli e a farne i commissari liquidatori, e da tutti quei personaggi pubblici – non solamente politici, ma anche giornalisti poco free e per nulla lance, ed intellettuali embedded – che sono o vorrebbero essere cooptati al maso dove si mangia e si beve sempre abbondantemente, proponendo un’immagine idilliaca della realta’ locale come se fosse ad Un passo dal cielo.

Questa situazione non e’ conseguenza di un disegno politico, ma di situazioni fortuite e fortunose che hanno determinato alla fine una situazione fortunata proprio perche’ gli altoatesini non contano piu’ nulla sul piano politico. E tutto sommato – a parte la pari dignita’ dei gruppi e delle culture che dovrebbe essere un obiettivo comune nei territori dove vivono da oltre un secolo popolazioni diverse, se l’autonomia fosse gestita in maniera democratica, progressiva e territoriale – anche se non e’ giusto e’ meglio cosi’.

Ma rimane sempre di attualita’ l’affermazione del Commissario generale civile della Venezia tridentina – destituito dalla carica dai fascisti nell’Ottobre del 1922 perche’ ritenuto troppo rispettoso della popolazione sudtirolese -, il deputato radicale, docente universitario di pedagogia formatosi in Germania ed ex ministro della pubblica istruzione Luigi Credaro, che, in una lettera scritta al leader socialista Filippo Turati l’11 agosto 1920, scriveva:

“(…) Se tu, prima di giudicare, fossi arrivato qui a sentire i socialisti ufficiali tirolesi e gli Italiani dell’Alto Adige, forse saresti venuto a questa conclusione: che si puo’ discutere se si debba rimanere nel Tirolo Meridionale, ma se vi si deve rimanere, piu’ coglionescamente di cosi’ non si potrebbe governare.”

Per finire un’umile proposta di discussione alla Convenzione, affinche’ non si trasformi nell’ennesima circonvenzione di incapace, politicamente parlando.

Perche’ non proporre che al governo locale, in Provincia e nei pochi comuni dove gli altoatesini esprimono ancora almeno due consiglieri, non debbano andarci i politici altoatesini piu’ votati?

Certamente c’e’ il rischio che pur di andare in giunta a mangiare le briciole generosamente concesse (la cultura e la scuola italiana, che ai sudtirolesi non interessa politicamente, e quindi puo’ essere per ora ancora gestita dai rappresentanti politici degli altoatesini) si veda in futuro una gara a chi urla di piu’, ma la situazione vissuta negli ultimi trent’anni e’ stata una sorta di gara a chi ha chiesto di meno.

Per prevenire le scontate critiche di chi, con la pancia piena, ritiene questa proposta foriera di ulteriori tensioni etniche, ricordo che sono da sempre impegnato in iniziative culturali e politiche di altoatesini autonomisti e di movimenti interetnici.

Ma provate ad immaginare cosa farebbero i partiti del Centrosinistra italico virtualmente interetnico se fossero loro i piu’ votati da trent’anni, e la SVP scegliesse la destra come partner di giunta.

A chi dice giustamente che i sentimenti nazionali non sono degli elementi biologici ma delle costruzioni culturali, ricordo l’importanza politica e sociale di tali costruzioni, soprattutto tra la gente povera materialmente e culturalmente, e l’importanza di capire come sono state costruite queste identita’ e di come potrebbero essere trasformate con progetti politici e culturali concreti e non con ipocriti appelli retorici alla convivenza che non risultano meno fastidiosi della retorica nazionalista. A chi cinicamente ricorda che ormai le identita’ etniche sono uno dei possibili criteri di spartizione delle risorse ricordo che non spetta ad uno degli attori sociali, quello localmente dominante, nominare il rappresentante dell’altro gruppo, pena la sensazione per gli appartenenti all’altro gruppo di sentirsi esclusi dal gioco.

La sicurezza e la pari dignita’ dei gruppi costituiscono il presupposto e non la conseguenza della convivenza e per superare giustamente la spartizione etnica del potere e passare dall’autonomia etnica a quella territoriale bisognerebbe prima arrivarci realmente.

Bolzano, marzo 2016.

Giorgio Delle Donne

1 Articolo pubblicato in: «Il Cristallo. Rassegna di varia umanita’», LVIII, 2016, n. 1, Bolzano, Centro di cultura dell’Alto Adige, pagine 31-34.

2 Il testo riprende parti dell’introduzione al volume:

GIORGIO DELLE DONNE, Cinque pezzi facili sull’Alto Adige/Suedtirol.

Le radici del fortuito, fortunoso e fortunato disagio e declino degli italiani dell’Alto Adige,

con introduzioni di M. Boato, L. Menapace, P. Renner, L. Spagnolli, A. Stenico,

Bolzano – Merano, Centro di cultura dell’Alto Adige – Alpha Beta, 2015.