Monumenti & ipocrisia

 

Monumenti & ipocrisia1

La citta’ che prima si e’ candidata a capitale europea della cultura, poi si e’ consorziata con altre citta’ del Nord Est ed infine si e’ lasciata scippare il progetto dalla Provincia, nella scorsa settimana e’ stata travolta da una polemica sui monumenti d’epoca fascista caratterizzata da toni retorici ed una massiccia ipocrisia diffusa.

Da una parte la retorica e l’ipocrisia del Centrosinistra, che si riempie la bocca da decenni di termini come “convivenza” ed “autonomia”, quando risulta evidente che questi non hanno la necessaria legittimazione elettorale, progettualita’ culturale e politica e conseguentemente il minimo potere contrattuale; dall’altra il Centrodestra, che si riempie la bocca da decenni di termini come “italianita’” e slogan come “difesa degli italiani”, quando risulta evidente che questi riescono solamente a vivere di rendita delle figuracce che inevitabilmente fa chi e’ cooptato al potere dall’SVP, la qual cosa e’ capitata agli altri negli ultimi decenni, ma potrebbe capitare anche a loro nei prossimi.

Il sindaco di Centrosinistra dopo la lettera di Bondi prima ha dichiarato, non senza qualche ragione, che “Il governo ha calato le braghe ed ha venduto l’Alto Adige per due voti al Parlamento”, espressione volgarotta ma che rende bene l’idea, espressione utilizzata, non senza qualche ragione, dal Centrodestra antiautonomista per decenni per commentare gli accordi Centrosinistra/SVP. Poi ha detto che l’opera di Piffrader non sarebbe mai stata spostata dalla piazza. Il giorno dopo, quando Durnwalder gli ha ricordato che l’accordo consente alla Provincia di fare tutto cio’ che vuole anche senza il consenso del Comune e che quindi l’avrebbe spostata, ha detto che era d’accordo con lo spostamento. Quando esperti veri e presunti ed anche meno esperti gli hanno fatto notare che la soluzione migliore sarebbe stata la storicizzazione ed anche Durnwalder ha accettato l’idea, ha detto che era favorevole alla storicizzazione. Infine ha detto che l’operazione sarebbe stata “un prezzo da pagare” per la convivenza.

Gli ha fatto eco l’ex sindaco di Centrodestra, il quale ha affermato che i sudtirolesi dovrebbero portare dei fiori all’effigie del Duce, perche’ il regime ha portato qui anche molta ricchezza e modernizzazione, richiamando alla memoria l’immagine idilliaca del tricolore in ogni maso della deputata del suo partito.

Poi e’ arrivato un appello redatto da funzionari dell’Archivio comunale e provinciale, auspicando un’operazione di politica culturale che diffonda la conoscenza della storia locale tra la popolazione locale e la storicizzazione dei monumenti, prontamente firmata da decine di storici che sono da anni impegnati nella “quotidiana battaglia della cultura della convivenza”, che potrebbe anche essere stato preso seriamente in considerazione se non fosse stato redatto e sottoscritto da persone che da decenni sono ben pagate proprio per questo, evidentemente senza aver raggiunto un risultato tangibile.

A queste persone, cosi’ impegnate direttamente nell’agone politico e culturale, che agognano societa’ paradisiache, esprimono pareri a’ gogo ma sembrano essere in perenne agonia progettuale anche se ben retribuita, si dovrebbe fare un monumento, ovviamente realizzato democraticamente in seguito ad un concorso di idee bandito pubblicamente, con una commissione di valutazione paritetica ovviamente. Il nome del monumento, che dovrebbe essere riportato alla base, ovviamente in piu’ lingue, potrebbe essere: “Un bel tacer non fu mai scritto” o, in alternativa “Usi obbedir tacendo e tacendo morir”.

La conferma dell’ipocrisia di fondo su queste vicende viene anche dalla recente notizia riguardante la decisione della Provincia di non partecipare ad una esposizione organizzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a Roma sui 150 anni dell’Unita’. Questa volta per primi sui media non ci sono andati i leader politici sudtirolesi, gli unici che contano veramente, anche perche’ poco interessati alla tematica di questo Stato per loro culturalmente straniero – Durnwalder ha ribadito che i sudtirolesi sono stati annessi contro la loro volonta’ ed hanno sempre richiesto di poter esercitare il diritto di autodeterminazione, diritto negato nel 1919 e nel 1945, ma obiettivo tuttora presente nello statuto del partito, dimostrando che la storia, quando fa comodo, non e’ assolutamente una, unica, unitaria, unificante ne’ condivisa, ma che i diversi gruppi possono avere diverse sensibilita’, interessi, opinioni, interpretazioni ! -, ma l’assessore alla cultura italiana scelto dall’SVP e due funzionari scelti dall’assessore scelto dall’SVP, i quali hanno affermato che l’invito all’iniziativa e’ arrivato tardivamente ed i costi per la partecipazione sarebbero stati elevati. Sulla tempestivita’ dell’invito si puo’ discutere, ma sul fatto che si sappia da qualche annetto che nel 2011 ricorre il 150° anniversario dell’Unita’ non si puo’ discutere, cosi’ come e’ indiscutibile il fatto che la ricorrenza del 90° anniversario della fine della Grande guerra sia passata assolutamente sotto silenzio, mentre il 200° anniversario della morte di Hofer e’ stato un tripudio di iniziative strafinanziate dalla Provincia di Bolzano e da quella di Trento, che per l’occasione ha stanziato 2.000.000 di €uro per acquistare nuove divise per gli Schuetzen trentini, le cui compagnie sono sbocciate come i funghi negli ultimi vent’anni, da quando molti in Italia si chiedono i motivi dell’autonomia dei trentini, dimostrando che le polemiche sulla storia raramente riguardano il livello scientifico, ma sempre il suo uso pubblico e politico, spesso retorico ed ipocrita.

Le divise degli Schuetzen tirolesi potrebbero diventare una metafora della storia con/divisa, cosi’ retoricamente ed ipocritamente auspicata.

Bolzano, 5 febbraio 2011.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» l’11 febbraio 2011.