Benvenuti al Sud

Benvenuti al Sud1

Può sembrare strano, ma gli Italiani del Sud ed i Tirolesi del Sud hanno alcuni elementi comuni. Entrambi separati territorialmente da una catena montuosa, gli Appennini e le Alpi, entrambi annessi contro la loro volontà al Regno d’Italia, in quel processo retoricamente definito di unificazione nazionale, ma che sarebbe meglio definire “piemontesizzazione” nazionale, durante il Risorgimento e alla fine della Grande guerra, da alcuni definita Quarta guerra di indipendenza. Entrambi i gruppi hanno avuto storici che hanno messo in evidenza le rispettive tristissime peculiarita’, dalla presenza del latifondo al trasformismo della classe dirigente meridionale di cui parlavano Gramsci e Salvemini alle sofferenze dei sudtirolesi durante il Fascismo, di cui hanno parlato praticamente tutti. Entrambi hanno anche saputo capitalizzare le loro sventure storiche, ottenendo per questi motivi leggi e finanziamenti speciali, amministrati con un’efficienza assolutamente diversa. Negli ultimi anni pero’ nel Nord si e’ sviluppato un movimento politico che ha contestato queste leggi e questi finanziamenti, auspicando un federalismo fiscale che, pur con motivazioni che spesso rasentano il ridicolo ed il razzismo, forse potrebbero realmente responsabilizzare le classi dirigenti meridionali ed i loro corresponsabili elettori, come “programma minimo” rispetto alle richieste di vera secessione territoriale avanzate negli anni Ottanta. Lo stesso movimento politico ha cercato di riprodurre in sedicesimo quei riti laici che nel lungo Ottocento hanno prodotto le identita’ nazionali, cercando di inventare un’identita’ padana fino ad allora inesistente, spesso sconfinando nel ridicolo, ma facendo sembrare proprio per questo vere e serie le identita’ nazionali ottocentesche, mentre ovviamente anche quelle sono delle costruzioni identitarie culturali, pur storicamente piu’ radicate e certamente meglio costruite. Tra queste operazioni culturali quella relativa all’identita’ regionale tirolese e’ un caso di studio eccezionale, come dimostrato dagli studi di Laurence Cole pubblicati nel suo libro “Fuer Gott, Kaiser und Vaterland”. Queste operazioni culturali politicamente determinate e politicamente determinanti negli ultimi decenni sono anche una risposta alla crisi dello stato-nazione ottocentesco, considerato troppo piccolo per risolvere i grandi problemi dell’umanita’ e troppo grande per risolvere i piccoli problemi della quotidianita’, ma spesso cercano di combattere le caratteristiche negative del nazionalismo statale con forme di nazionalismo regionale, o provinciale, producendo forme di lotta e cultura molto simili a quelle prodotte nei secoli scorsi dagli Stati nazionali per la loro affermazione, con una sostanziale differenza: mentre nel XXI secolo tutti siamo vaccinati rispetto ai danni che i nazionalismi statali hanno prodotto nei secoli scorsi e siamo consapevoli delle strumentalizzazioni, anche di classe, dei sentimenti nazionali, i sentimenti nazionali-locali, delle “piccole patrie” spesso sembrano essere naturali, cosi’ come sembravano naturali quelli nazionali-statali nei secoli scorsi. Modestamente sostengo che la liberta’ ed il pluralismo culturale sono meglio garantiti in grandi Stati, purche’ democratici, ed entita’ sovrastatali che valorizzano le diversita’, piuttosto che in piccoli Stati nati dalla rivendicazione etnica che hanno sempre combattuto ogni forma di ”contaminazione etnica” in nome della difesa dell’identita’ culturale, a volte motivata dalla presunta necessita’ di riequilibrare torti precedentemente subiti.

Dopo la richiesta del 2006, sottoscritta da 114 sindaci e vicesindaci SVP dei 116 comuni dell’Alto Adige-Suedtirol, di inserire nella costituzione austriaca un riferimento esplicito al diritto all’autodeterminazione dei sudtirolesi ed il recente progetto di dare la doppia cittadinanza, italiana ed austriaca, esclusivamente ai discendenti dei cittadini dell’Impero austroungarico residenti in provincia di Bolzano, una recente indagine sociologica ha dimostrato che la sensibilita’ dei tirolesi del Nord rispetto a queste tematiche tanto care ai tirolesi del Sud – ma soprattutto alla sua classe dirigente che altrimenti non saprebbe piu’ come motivare la propria esistenza, una classe politica che “Chiagne e fotte”, come direbbero al Sud -, e’ calata ai minimi storici, scendendo di circa il 10% in pochi mesi, attestandosi circa al 25% di favorevoli, 65% di contrari e 10% di dubbiosi, con percentuali ancora piu’ basse tra i giovani, che sicuramente non ricordano gli anni Cinquanta e Sessanta, quando la “Stille Hilfe fuer Suedtirol” raccoglieva giustamente le offerte dei tedeschi austriaci e germanici per finanziare la scuola e la cultura dei tirolesi del Sud, allora veramente minacciata dalla politica dello Stato italiano che, pur essendo democratico e repubblicano, con i tirolesi del Sud portava avanti una politica per certi aspetti simile a quella dello Stato fascista e monarchico. Ora questa solidarieta’ nazionale, motivata ed importantissima nel passato, non ha piu’ ragione di esistere, e quando un tirolese del Nord viene qui al Sud trova un territorio bellissimo, curatissimo e ricchissimo abitato dalla minoranza nazionale piu’ ricca e tutelata del mondo, che ha saputo lottare per la propria autonomia ed amministrarla benissimo, e gli unici sentimenti che si possono provare eventualmente sono relativi all’invidia di non potere utilizzare tutta questa ricchezza ed autonomia, gli stessi sentimenti che inducono i trentini a scimmiottare i tirolesi del Sud nel rivendicare la loro alterita’ rispetto all’Italia ed i comuni limitrofi del Veneto a chiedere l’annessione alla Provincia di Bolzano.

Benvenuti al Sud.

Bolzano, 4 gennaio 2011. Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 5 gennaio 2011.