Odonomastica & memoria collettiva

Odonomastica & memoria collettiva1

Nei secoli passati  solo le antiche grandi strade consolari romane avevano una denominazione  che derivava dal nome del console  che le aveva fatte costruire: Via Emilia, Via Aurelia, Via Cassia, Via Appia, ecc., ma nelle campagne, e spesso anche nelle citta’, non esistevano denominazioni ufficiali per le  strade, ne’  i numeri civici per le case, ne’  indirizzi precisi come li conosciamo noi oggi.

Nei documenti pubblici o negli atti notarili dove fosse necessario indicare una abitazione o un podere oggetto di compravendita, si usava scrivere il nome del proprietario dell’edificio o del terreno venduto e i nomi dei proprietari dei terreni confinanti, “a levante”, “a ponente” , “a mezzogiorno” e “a tramontana”; se c’era, si citava la presenza di un fossato, o di un fiume confinante, o di uno “stradello pubblico” o di una “via che va a…”, seguita dal nome della localita’  verso cui la strada era diretta.

Dai tempi piu’ antichi la maggioranza dei centri urbani, delle piazze e delle strade acquisiva, con l’incredibile continuita’ della tradizione orale, appellativi motivati dai costumi, dalle caratteristiche naturali, dalle attivita’ artigianali svolte, da episodi storici o di modesta cronaca, da persone illustri o dalla “parlata” del luogo. Una odonomastica “spontanea” dunque che costituisce un patrimonio di storia locale che e’ necessario conoscere anche nelle sue trasformazioni e gestire con attenzione.

Fu la Rivoluzione francese a diffondere la moda di intitolare vie e piazze a personaggi o avvenimenti che travalicavano l’ambito paesano, e cosi’ nell’odonomastica (che e’ una sezione della toponomastica, dal greco odos = strada) le testimonianze epigrafiche ed onomastiche del passato divennero una sorta di sacrario o di elenchi celebrativi di patrioti, di glorie, nazionali o internazionali, nelle attivita’ umane, al fine della costruzione dell’identita’ nazionale.

Anche in Italia leggiamo nomi legati soprattutto alla storia, dall’Unita’ in poi, e ad avvenimenti degli ultimi decenni. Molti luoghi si sono trasformati in un gigantesco pantheon o musei a cielo aperto e spesso in un’arena dello scontro politico dalle sembianze culturali, ad ennesima dimostrazione che anche il passato, soprattutto quello piu’ recente, come il presente, e’ sempre terreno di confronto-scontro politico. E’ accaduto ai tempi delle ideologie, con l’intitolazione di strade a personaggi che erano rappresentativi di alcuni patrimoni politico-culturali di parte ed evidenziavano l’orientamento politico dell’amministrazione locale, ed accade anche negli ultimi anni – ideologicamente definiti “post-ideologici” -, sempre motivando l’operazione con grandi idealita’ e nobili intenti, come e’ accaduto recentemente a Milano con la proposta di intitolare a Craxi un parco cittadino, paragonando con l’occasione l’ex presidente del Consiglio morto da latitante con Dante Alighieri morto in esilio.

A volte l’odonomastica diventa anche argomento di scontro etnico, come sempre accade in questa terra di confine annessa contro la volonta’ della popolazione sudtirolese, minoranza nazionale e maggioranza locale.

Nella citta’ di Bolzano i primi interventi sistematici riguardanti l’odonomastica sono della fine degli anni Venti, ufficialmente motivati dalla necessita’ di sistematizzare la topografia urbana ai fini dell’imminente censimento del 1931, e la storia dell’odonomastica cittadina – ancora tutta da scrivere con criteri scientifici e non ideologici o semplicemente “politicamente corretti”, come altri elementi della storia urbana del XX secolo – si intreccia con le interessantissime vicende della storia locale.

Altre intitolazioni sono la conseguenza di circolari del Ministero degli Interni, attuate dai prefetti in epoca fascista, che imponevano ad esempio di intitolare la strada principale a Roma, la capitale, indicazioni applicate dall’Alto Adige alla Sicilia, pur in realta’ con sentimenti nazionali molto diversi.

Negli ultimi decenni alcune amministrazioni comunali di orientamento leghista nell’Italia del Nord hanno utilizzato l’odonomastica per ribadire una alterita’ nei confronti dello Stato nazionale, ed anche nel Trentino vi sono stati casi di sostituzione dell’odonomastica italiana con odonomastica esclusivamente ladina, sempre con motivazioni di carattere storico-culturale che spesso servono per ribadire un’alterita’ e a motivare culturalmente ed etnicamente un’autonomia che pare ai piu’ un privilegio.

In Alto Adige-Suedtirol da alcuni anni, a partire dal caso di Cortaccia-Kurtatsch del 2000, alcune amministrazioni locali colgono l’occasione della riorganizzazione della denominazione delle strade o dei cambiamenti dei cartelli indicatori per sostituire odonimi bilingui con denominazioni monolingui, anticipando quella che da decenni e’ la linea del partito etnico localmente dominante riguardante la toponomastica, in nome del rigore storico e dell’autonomia, dimenticandosi che anche l’elemento del topos – l’immagine simbolica della patria e del territorio, di cui sono elementi fondamentali la toponomastica e l’odonomastica – costituisce, insieme ad altri elementi non meno importanti, quel sentimento di appartenenza ad una comunita’ e ad un territorio che dovrebbe essere bilingue formalmente e culturalmente oltre che sostanzialmente, come e’ gia’ da un secolo, oltre le ipocrite dichiarazioni dei politici che propongono questo territorio come modello di convivenza ma appena possono – ed anche quando non potrebbero – praticano forme di cancellazione, assimilazione, ghettizzazione ed emarginazione.

Bolzano, 20 febbraio 2010.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 21 febbraio 2010.