Magnago, l’uomo del secolo scorso

 

Magnago, l’uomo del secolo scorso1

Nel dicembre del 1948, replicando al consigliere anziano Menapace che presiedeva la neocostituita assemblea regionale, il quale auspicava di trasformare la regione in una piccola Svizzera, modello di integrazione culturale, Magnago, dopo avere ricordato le conseguenze della politica fascista in Alto Adige, sorvolando elegantemente sui venti mesi di dominazione nazista, ribadi’ le comprensibili paure della popolazione sudtirolese e tuono’:

“Solo quando tutti i gruppi si sentiranno liberi da timori e paure si avra’ la premessa per quella collaborazione di cui si continua a parlare. Fino a quando un gruppo o l’altro ha paura di soccombere, questa premessa psicologica manca. Quando questa paura non ci sara’ piu’, la collaborazione verra’ da se’.”

Al Convegno organizzato a Bolzano nel 1961, l’anno della “Notte dei fuochi”, dalla rivista “Il Mulino” dal titolo “Una politica per l’Alto Adige”, l’allora neopresidente della Giunta provinciale Magnago, riprese ed amplio’ il concetto auspicando un’autonomia provinciale:

“Solo allora noi avremo creato le premesse per la collaborazione, della quale sempre si parla. Signori miei, la collaborazione non si puo’ dettare dall’alto. (…) Si puo’ forse raccomandare dall’alto, ma non imporre. La collaborazione deve essere spontanea, deve venire da se’, e puo’ venire soltanto quando si saranno create le premesse psicologiche per realizzarla. Se dunque avremo uno Statuto di autonomia (provinciale, n. d. a.) in cui ciascun gruppo etnico veda garantiti i propri diritti, dove almeno teoricamente (…) ogni gruppo si senta tutelato, libero da paure e da preoccupazioni, ma tutti i gruppi, non solo uno si deve sentire libero da timori e paure, allora si avra’ la premessa psicologica, e solo allora, per quella collaborazione di cui si continua a parlare.”

Tra la prima e la seconda citazione c’era stata la applicazione trentinocentrica del primo Statuto, che prevedeva le deleghe alle Province ma non le attuo’, la conseguente crisi degli anni Cinquanta, il “Los von Trient” con la richiesta di una autonomia provinciale, la prima fase del terrorismo sudtirolese, l’internazionalizzazione della questione altoatesina all’ONU nel 1960.

Basterebbero solamente questi elementi per comprendere l’importanza della biografia politica del vecchio leader, ma la sua biografia, iniziata nel 1914, lo aveva intrecciato con altri avvenimenti fondamentali della grande storia, e dei suoi riflessi locali, del XX secolo: la Grande guerra e le sue conseguenze; l’annessione che non comprese solamente territori abitati da popolazioni di lingua italiana, come il Trentino, ma anche territori abitati da popolazioni di lingua tedesca, andando oltre l’ideale risorgimentale dell’unita’ statale delle popolazioni di lingua italiana; l’italianizzazione e la contemporanea fascistizzazione del territorio sudtirolese e della popolazione, fortunatamente solo parzialmente riuscite; la resistenza della popolazione sudtirolese egemonizzata dalla Chiesa cattolica prima e dal nascente movimento nazista poi; le opzioni che lo videro, all’eta’ di 25 anni, figlio di un trentino e di una tedesca, dichiararsi optante per la Germania nazista.

Nel dopoguerra Magnago diventa un esponente di primo piano dell’SVP, costituita nel 1945 da sudtirolesi optanti per l’Italia, e solamente negli anni Cinquanta, con la crisi della situazione politica locale, la sua generazione, che comprendeva Benedikter, Zelger ed altri nati pochi anni prima dell’annessione e che avevano aderito all’opzione per il Reich nazista, i “giovani turchi” come venivano sprezzantemente definiti dai nazionalisti italiani, presero il potere nel partito e richiesero l’autonomia provinciale, visto che non ritenevano politicamente possibile chiedere l’auspicabile autodeterminazione, chiesta da una componente considerevole del partito. Anche nel congresso straordinario del partito del 1969 si schiero’ coerentemente con la componente che, pur non rinunciando al principio del diritto all’autodeterminazione, riteneva piu’ realistica la scelta dell’obiettivo dell’autonomia provinciale, rivendicata a partire dalla meta’ degli anni Cinquanta e che si concretizzo nello Statuto del 1972, contro la componente, che perse il congresso per pochissimi voti, che non fidandosi delle promesse dello Stato italiano, considerato l’erede di quello fascista, auspicava l’autodeterminazione e l’annessione all’Austria, la potenza tutrice.

Il fatto che un allora giovane sindaco pusterese di questa componente radicale antiautonomista guidata da Brugger di nome Durnwalder ne sia diventato, vent’anni dopo, l’erede nella carica di Landeshauptmann conferma ancora una volta che tutto fluisce e scorre e che in politica non bisogna mai dire mai.

Certamente la sua generazione ha fatto di tutto per mantenere nelle minoranze nazionali localmente maggioritarie quella paura dell’assimilazione di cui si parlava nelle citazioni iniziali, ma la sua onesta’ e coerenza politica, soprattutto se confrontate con quelle dei suoi eredi, sono indiscutibili, e fanno rimpiangere un secolo dove i politici avevano dei progetti da realizzare, anche se discutibili, e non solamente delle lobby professionali o territoriali da accontentare.

Con Silvius Magnago passera’ quindi alla storia un ulteriore elemento del secolo delle guerre, dei nazionalismi, delle dittature, delle deportazioni, delle razze e dei territori etnicamente puri. Il secolo scorso, fortunatamente.

Bolzano, 4 febbraio 2010.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 5 febbraio 2010.