Durnwalder & il dopo Durnwalder

Durnwalder & il dopo Durnwalder 1

Il vuoto di notizie ferragostano viene improvvisamente riempito dalla notizia del possibile ritiro dalla politica attiva a fine mandato, nel 2013, del Landeshauptmann Durnwalder. Essendo nato nel 1941 nel 2013 avra’ 72 anni suonati, ed in un paese normale la vera notizia sarebbe proprio questa, che in Europa ci sono ancora politici che, dichiarando di volere ritirarsi a 72 anni, fanno notizia. Ma l’Alto Adige e’ un territorio particolare, e solamente una recente legge elettorale regionale ha impedito la ricandidatura di sindaci che ricoprivano il loro mandato da oltre 50 anni, mentre in Italia pochi sindaci riescono a governare cosi’ a lungo senza avere problemi politici con gli avversari, con gli esponenti del proprio partito, o con la magistratura.

Tra i pochi laureati della sua generazione dopo gli studi iniziati in seminario, fu alla guida dell’Hochschuelerschaft negli anni Sessanta, e ne fu l’ultimo presidente-SVP, mentre da allora l’associazione degli studenti universitari sudtirolesi ebbe sempre presidenti “non allineati”. Il Landeshauptmann ha iniziato la sua carriera politica istituzionale nel suo paese natale, di cui divenne sindaco a 28 anni. Nel 1969, al congresso straordinario del partito svoltosi a Merano per decidere se approvare il “Pacchetto” di proposte che avrebbe portato al 2° Statuto di autonomia, si schiero’ con Brugger contro la linea di Magnago, considerando poco credibile lo Stato italiano per come aveva gestito l’autonomia del 1948, chiedendo di lottare per l’autodeterminazione, contro l’ipotesi di autonomia provinciale, di cui vent’anni piu’ tardi divenne il manager-leader maximo, a dimostrazione che in politica puo’ accadere tutto ed il contrario di tutto. Entrato nel Consiglio provinciale nel 1973, divenne assessore nel 1978 e successore di Magnago nel 1988. Essendo nato Magnago nel 1914, quando lascio’ la presidenza a Durnwalder aveva 74 anni, circa la stessa eta’ che avra’ Lui(s) nel 2013 dopo avere ricoperto la stessa carica per 25 anni. Ma le analogie finiscono qui. Lo stile di vita morigerato di Magnago ricorda certi politici, anche italiani, del secolo scorso, tutto impegno politico e sociale e senza riferimenti pubblici alla propria vita privata, per altri versi esemplare. Lo stile di vita del suo successore, forse anche per riprendersi dalle privazioni del periodo seminariale, ha dato l’immagine di uno che negli ultimi anni se l’e’ goduta alla grande la propria vita privata, accompagnata dai successi politici. Un’altra differenza sostanziale riguarda le diverse fasi dell’autonomia gestite dai due politici, che insieme complessivamente avranno guidato la giunta provinciale per 53 anni, dal 1960 al 2013, e saranno stati presenti nel Consiglio provinciale per 65 anni, dal 1948 al 2013, a dimostrazione della straordinaria continuita’ del sistema di potere locale. Magnago e Benedikter hanno guidato la transizione dal 1° al 2° Statuto ed hanno lottato per l’emanazione delle relative norme di attuazione, lasciando la guida della giunta 3 anni prima dell’emanazione, da parte austriaca, della “Quietanza liberatoria” del 1992. Durnwalder non ha dovuto impegnarsi nella lotta per l’emanazione e l’attuazione dell’autonomia del 1972, ma ha potuto impegnarsi nella gestione del ricchissimo budget conseguente, trovando una strada gia’ spianata dai suoi predecessori e potendo gestire, a partire dal 1992, la crisi dei partiti italiani ed altoatesini conseguente a Tangentopoli, che ha di fatto eliminato ogni residuo potere contrattuale degli altoatesini, dopo la fuga a fari spenti nella notte del vicepresidente italiano della giunta provinciale. Questa crisi, insieme al fatto che dal 1985 gli altoatesini hanno cominciato a votare massicciamente per i partiti di destra allora contrari all’autonomia, congelando quindi il voto di protesta, gli ha consentito di svolgere le trattative di giunta, a partire dal 1993, con una controparte non legittimata dal consenso popolare e senza i vecchi rapporti con i partiti di governo romano che precedentemente bilanciavano i debolissimi rapporti di forza politici locali. Da quel momento la strada spianata da Magnago & Benedikter e’ diventata un’autostrada in discesa, e gli ha consentito di fare praticamente quello che ha voluto con i rappresentanti politici altoatesini in giunta, che lui ed il suo partito, e non il voto popolare, avevano scelto, e che erano rimasti senza sponde romane. Non dovendosi impegnare ne’ nella conquista dell’autonomia ne’ nella contrattazione con una rappresentanza politica italiana agonizzante, ha potuto impegnarsi nella gestione dell’autonomia ricca e matura degli anni Novanta e del primo decennio di questo secolo/millennio confrontandosi solamente all’interno del suo partito, riuscendo anche a vincere importanti battaglie, come quella dell’universita’, ed avviando anche nella citta’ di Bolzano – precedentemente boicottata da Magnago & Benedikter, ma da Lui(s) sbloccata perche’ oramai politicamente innocua, proprio perche’ gestita da una maggioranza italiana litigiosa, inconcludente ed incapace di progettualita’ -, strutture come l’Eurac, il Museion e la Fondazione del Teatro, localizzate nella Bolzano italiana, ma gestite dalla Provincia tedesca.

Ora la notizia del suo possibile ritiro dalla vita politica istituzionale apre un periodo nuovo e per certi versi inquietante. Un nuovo Landeshauptmann che dovra’ gestire una situazione e un budget come quello altoatesino dell’inizio del XXI secolo con un partito che sembra destinato a scendere sotto la soglia del 50% dei consensi di quelli che ancora votano dovrebbe avere visioni e caratteristiche che non mi sembrano molto diffuse nel suo partito, e non credo che guardando quelli altoatesini e/o italiani possa avere esempi illuminanti. E’ Bossi che vede Lui(s) ed il suo partito come un modello, ma non viceversa.

Bolzano, 13 agosto 2010.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 17 agosto 2010.