Cricca & casta

La cricca & la casta1

Nel 2005, dopo le dimissioni della presidente Franzelin dall’IPES, qualcuno chiese di riequilibrare la proporzionale etnica tra i posti apicali degli enti provinciali. La Gnecchi defini’ la proposta “Una vera follia”. Forse si era dimenticata che l’accordo di giunta provinciale, siglato anche da lei nel 2003, conteneva riferimenti alla rappresentativita’ per le nomine e gli incarichi negli enti pubblici:

“Nei rapporti politici tra i partiti della coalizione occorre affermare un sistema di regole e di comportamenti che eviti tensioni e lacerazioni e che rafforzi il metodo del dialogo fondato sul consenso e la pari dignita’ tra le forze politiche e i gruppi linguistici. I partiti della coalizione concordano nella volonta’ di individuare, per le nomine e gli incarichi in enti pubblici, criteri che tengano conto, sia dei requisiti di professionalita’, competenza, e rappresentativita’ civile anche ai vertici, affinche’ a tutti i gruppi linguistici sia garantito il giusto principio della rappresentanza. In particolare occorre operare concretamente per garantire che all’interno del gruppo linguistico italiano possa radicarsi un ampio e condiviso senso di partecipazione al governo della cosa pubblica.” Fine della citazione favolistica.

Alla fine non venne nemmeno presentato un nominativo italiano, perche’ evidentemente i partner italici dell’SVP non pensavano che ci fossero italiani con i titoli e le competenze professionali della Franzelin. Per quanto riguarda i titoli, la signora non aveva non dico un master a Cambridge, un dottorato ad Oxford, una laurea nella Extra Easy University of Brixen, ma nemmeno un diploma alla Knoedelakademie of Obermais. Per quanto riguarda le esperienze professionali, la signora prima di mettere la sua professionalita’ al servizio della politica e del popolo faceva la cassiera in una macelleria di Lana.

Venne cosi’ nominato l’attuale presidente Albert Puergstaller, anche per ricompensarlo del fatto che, per contrastare la possibile elezione di Heiss a sindaco di Bressanone nel 2005, il partito gli impose di fare il sindaco, lasciando la poltrona molto meglio pagata di consigliere provinciale.

Dal 2005 quindi l’IPES non ha piu’ un presidente a tempo pieno ed i casi sono 4: o la Franzelin prima faceva un lavoretto part time pagata come un manager, o il precedente sindaco di Bressanone faceva un lavoretto part time pagato come un manager, o Puergstaller ha il dono dell’ubiquita’, o Puergstaller e’ veramente superdotato, almeno per quanto riguarda il time management.

Dalle recenti dichiarazioni dell’esponente della CGIL-AGB nel Consiglio di amministrazione dell’ente, risulta che con la gestione Franzelin il CdA era composto da 11 membri che si riunivano ogni 15 giorni per discutere almeno 50 argomenti, spesso riguardanti proprio il conferimento degli incarichi dei piccoli interventi che non richiedono gare d’appalto. Ora il CdA e’ composto da 5 membri e si limita a dare l’indirizzo politico – come quello che ha stabilito, nel 2006, che nell’edilizia sociale a Firmian gli immigrati potessero/dovessero essere il 38% dei residenti, a fianco di un gia’ deliberato campo nomadi e in un quartiere dove oltre il 30% dei giovani e’ seguito dai servizi sociali, confondendo la necessaria integrazione con la deplorevole ghettizzazione -, ma demanda ai funzionari le decisioni amministrative, cosa giusta ma estremamente rischiosa.

L’impressione che se ne ricava della vicenda e’ che accanto alla cricca degli artigiani corruttori, anche senza particolari professionalita’, che pretendono ed ottengono incarichi, anche di particolare rilevanza, in cambio della mazzetta piu’ che per meriti o capacita’ professionali, e dei funzionari corrotti, ci sia una casta di politici, anche senza particolari professionalita’, che pretendono ed ottengono incarichi di governo e di sottogoverno, anche di particolare rilevanza, in cambio della militanza politica piu’ che per meriti o capacita’ professionali. Politici che non sono legati ad una poltrona, perche’ ne vogliono almeno due.

Bolzano, 30 giugno 2010. Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’«Alto Adige» il 1° luglio 2010