Saramago e l’anatra zoppa dell’autonomia

 

Saramago e l’anatra zoppa dell’autonomia1

Cosa accadrebbe se i cittadini di una capitale, chiamati alle elezioni amministrative, votassero scheda bianca in percentuale superiore al 70%? E se, chiamati nuovamente ai seggi, il numero di schede bianche aumentasse all’83%? E’ questo il paradossale scenario che apre il romanzo del premio Nobel per la letteratura Jose’ Saramago, Saggio sulla lucidita’, (Einaudi, 2004), un libro che ha gia’ fatto molto discutere per la delicatezza dei temi trattati: il senso della democrazia, il valore del voto, la natura del potere politico.

Continuando nel racconto della storia, l’autore immagina che il governo del paese, temendo una cospirazione anarchica, decreti dapprima lo stato d’assedio e poi, non riuscendo a contrastare la resistenza civile della popolazione, decida di abbandonarla a se stessa trasferendo la capitale altrove. La speranza e lo scopo dei politici e’ che il caos si diffonda e giustifichi un intervento per il ristabilimento dello status quo, ma i cittadini riescono a scongiurare il pericolo e a preservare un’esistenza civile grazie al loro senso di responsabilita’ e a grandi capacita’ di organizzazione.

Nel pieno esercizio del loro diritto di voto, i cittadini sembrano usarlo come unico mezzo a loro disposizione per esprimere il proprio dissenso. Non disertano le urne in un vago – e variamente interpretabile – assenteismo, ma votando in bianco dichiarano di criticare l’offerta di tutti e tre i partiti in lizza, i non meglio identificati p.d.d. (partito di destra) p.d.m. (partito di mezzo), p.d.s. (partito di sinistra).

Cosa c’entra tutto questo con l’attuale situazione politica bolzanina, caratterizzata dalla cosiddetta “anatra zoppa del consiglio comunale”, dove la maggioranza non ha il sindaco e viceversa?

Direi che allargando lo sguardo dal punto di vista territoriale e cronologico alle vicende politiche ed elettorali dell’intera provincia degli ultimi vent’anni l’anatra zoppa ben piu’ evidente, clamorosa e pericolosa non e’ quella verificatasi a Bolzano dopo il 21 maggio 2005, ma quella che si e’ sviluppata a partire dalle elezioni comunali del maggio 1985.

Dopo lo chock iniziale del maggio 1985, quando intere sezioni elettorali bolzanine che da quarant’anni votavano per i partiti di sinistra e di centro erano passate alla destra allora neofascista ed antiautonomista, alcuni sperarono nel doppio voto: un voto a destra, di protesta, alle amministrative ed alle provinciali, ma un voto ancora nel centrosinistra alle politiche. Ed invece, oramai da vent’anni, la maggioranza dell’elettorato altoatesino vota per dei partiti etnici, da sempre nemici della Provincia, mentre la maggior parte dei sudtirolesi vota per un partito etnico, da sempre nemico dello Stato e della Regione, la qual cosa sarebbe sufficiente per smentire i corifei dell’autonomia.

La storia locale dovrebbe averci insegnato che i concetti di maggioranza e minoranza sono variabili a seconda dell’ambito cronologico, territoriale e/o “tematico”. Non a caso ogni gruppo etnico di questa regione/Regione e provincia/Provincia, in nome della convivenza, fa il tifo per l’ente territoriale nel quale e’ maggioranza, lo Stato e la Regione o il Comune di Bolzano per gli altoatesini – maggioranza nazionale e regionale, minoranza provinciale, maggioranza comunale a Bolzano -; la Provincia per i sudtirolesi e i ladini – minoranze nazionali, maggioranze locali provinciali, minoranze comunali a Bolzano -. Quantita’ e qualita’ non sempre sono correlate. Gli altoatesini sono sempre stati minoranza locale, ma durante il fascismo ed il primo Statuto erano maggioritari politicamente, viste le scarse competenze provinciali. Di considerarli un gruppo locale non se ne parlava nemmeno: l’SVP ha sempre ribadito di considerarli lo Staatsvolk, come dire quello che resta della popolazione tolte le popolazioni storicamente insediate, e quindi con maggiori diritti storici. Per la sinistra questo ragionamento va integrato, aggiungendo ai gruppi nazionalmente e politicamente rispettabili anche gli ultimi immigrati, giustamente considerati come gruppi dalle culture nazionali da rispettare. Quello che resta sono gli altoatesini, che oltre a tutto cio’ sono stati talmente allocchi da credere di difendersi seguendo politicamente chi proponeva come slogan “Nessuna forma di autonomia! Siamo in Italia, parliamo l’italiano (e quindi non studiamo il tedesco)” – un ragionamento simile a quello del contadino che per fare un dispetto al padrone taglia il ramo sul quale e’ seduto – e non sono mai stati sinceramente autonomisti, pur rimanendo affascinati dall’efficienza e dalla ricchezza dell’amministrazione locale. La diversa considerazione nei confronti dei sentimenti nazionali delle popolazioni non solo non e’ elettoralmente redditizia, ma e’ anche politicamente sbagliata, e costituisce il presupposto del razzismo. Pensare che i sentimenti nazionali di alcuni gruppi vadano considerati importanti e rispettabili, cosi’ come i partiti etnici che li rappresentano, e che i sentimenti nazionali di un altro gruppo non siano rispettabili finche’ i partiti che li rappresentano o che fingono di farlo non sono cooptati nei centri decisionali dai partiti etnici “buoni e rispettabili” poteva essere accettabile in condizioni di emergenza e per breve periodo vent’anni fa, ma ora e’ diventata una farsa politica che viene continuamente punita in termini elettorali.

Lo Statuto prevede per l’SVP l’obbligo di prendersi in giunta provinciale due italiani, non necessariamente i due italiani piu’ votati. Provate a pensare una situazione come quella che vivono gli altoatesini a livello provinciale da vent’anni con un altro scenario storico, etnico o politico. Cosa avrebbe fatto l’SVP nel 1969 se lo Stato italiano avesse detto: “OK, vi concediamo l’autonomia provinciale. Ma, visto che molti di voi sono stati filonazisti fino a vent’anni or sono e altrettanti sono stati recentemente fiancheggiatori del terrorismo, sceglieremo noi quali saranno i rappresentanti politici sudtirolesi cui affidare i posti decisionali provinciali!” Pensate cosa farebbe l’SVP se una ipotetica maggioranza di destra italiana nel Consiglio comunale di Bolzano decidesse di cooptare in giunta due sudtirolesi come Kurt Pancheri della Lega, ad esempio. Lo Statuto sarebbe rispettato, gli elettori sudtirolesi un po’ meno. Provate ad immaginare cosa farebbero i partiti del centrosinistra italico virtualmente interetnico se fossero loro i piu’ votati da vent’anni, e l’SVP scegliesse la destra come partner di giunta.

A chi, a sinistra e tra i Verdi, dice giustamente che i sentimenti nazionali non sono degli elementi biologici ma delle costruzioni culturali, ricordo l’importanza politica e sociale di tali costruzioni, soprattutto tra la gente povera materialmente e culturalmente, e l’importanza di capire come sono state costruite queste identita’ e di come potrebbero essere trasformate con progetti politici e culturali concreti e non con ipocriti appelli retorici alla convivenza che non risultano meno fastidiosi della retorica nazionalista. A chi cinicamente ricorda che ormai le identita’ etniche sono uno dei possibili criteri di spartizione delle risorse ricordo che non spetta ad uno degli attori sociali nominare il rappresentante dell’altro gruppo, pena la sensazione per gli appartenenti all’altro gruppo di sentirsi esclusi dal gioco.

La sicurezza e la pari dignita’ dei gruppi costituisce il presupposto e non la conseguenza della convivenza e per superare giustamente la spartizione etnica del potere bisognerebbe prima arrivarci.

Il riferimento ai valori dell’antifascismo e’ assolutamente strumentale: l’SVP non ha fatto parte del comitato per la celebrazione del 60° anniversario della Liberazione, ed il suo simbolo non risultava sul materiale informativo del Comune che qualcuno poteva utilizzare e confondere con materiale di propaganda per Salghetti. Intervistato in proposito il mitico Ellecosta – non un ubriacone allo Stammtisch dell’osteria, ma il capogruppo SVP nel Consiglio comunale di Bolzano – ha dichiarato di non avere mai festeggiato il 25 aprile, e che lui e’ stato liberato l’8 settembre 1943. Dai nazisti, ovviamente. Il giorno successivo Pichler Rolle, rispondendo con un certo imbarazzo alle stesse domande, ha dichiarato che sarebbe intervenuto alle celebrazioni non come Obmann dell’SVP ma come vicesindaco di Bolzano.

I “partiti dell’autonomia”, l’equivalente locale dei partiti dell’arco costituzionale italico che hanno retto la “prima repubblica”, non esistono piu’, ed hanno cambiato tutti la denominazione, i programmi, i gruppi dirigenti, le strategie di fronte alla questione altoatesina. L’SVP, l’unico partito d’Italia fondato nel 1945 e tuttora esistente proprio perche’ cosi’ poco italiano, al momento dell’emanazione del 2° Statuto era spaccato in due parti equivalenti, ed i sudtirolesi che non credevano nell’opportunita’ dell’autonomia, rivendicando l’autodeterminazione (Brugger senior, Durnwalder, ecc.) sono sempre meno numerosi, tant’e’ vero che Durnwalder ora e’ il principale attore di questa autonomia, ed ha recentemente proposto di istituire una festa provinciale dell’autonomia. Per confermare la fama di decisionista ha anche proposto una data: non quella dell’emanazione del 2° Statuto da parte dello Stato italiano o quella dell’emanazione della Quietanza liberatoria da parte dello Stato austriaco, ma quella dell’approvazione del Pacchetto da parte del suo partito.

Con quest’ “anatra zoppa dell’autonomia” che dura da vent’anni alle prossime elezioni comunali il centrosinistra potra’ vincere solamente se sara’ in grado di trovare una squadra ed un candidato sindaco insieme all’SVP fin dal primo turno – con personaggi che dovrebbero avere delle caratteristiche che nemmeno Frankenstein riuscirebbe a mettere insieme in 5 mesi -, un progetto di trasformazione progressiva dell’autonomia da etnica a territoriale per adeguarla alla realta’ del “nuovo secolo e millennio”, altrimenti il dramma attuale si trasformera’ in farsa. Soprattutto se non si ricomincera’ a fare politica non contro l’SVP – come proposto fino a pochi anno or sono dai prima neo poi post ora anti fascisti, prima anti ora filo autonomisti – ne’ sotto l’SVP, ma insieme, con pari dignita’, progettualita’ e rappresentativita’.

Altrimenti il Saggio sulla lucidita’ di Saramago si trasformera’, come spesso avviene nei casi di buona letteratura, da racconto fantastico a romanzo realistico.

Bolzano, 17 giugno 2005.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 19 giugno 2005.