Minoranze dominanti e maggioranze minoritarie 2

Minoranze dominanti & maggioranze minoritarie1

Fino a pochi anni or sono le leggi provinciali dovevano venire vistate dal Commissario del Governo ed approvate dal Governo. Ora, con la riforma costituzionale, in nome del federalismo, tutto cio’ non e’ piu’ necessario. Le ultime due leggi respinte dal vecchio governo, quello del centrosinistra, erano quella relativa all’immissione in ruolo, all’inizio del 21° secolo, di insegnanti privi di titolo di studio “perche’ il fascismo ha chiuso le scuole della minoranza sudtirolese” (80 anni prima) e quella relativa all’istituzione della Commissione di controllo sull’emittenza radiotelevisiva, che normalmente viene istituita presso i consigli regionali e provinciali, lasciando spazio quindi anche alle minoranze politiche, mentre qui al Land e’ stata istituita presso la Giunta provinciale. Dopo la riforma costituzionale il Consiglio provinciale ha approvato pari pari le leggi precedentemente bocciate dal Governo, in nome dell’autonomia e della difesa delle minoranze. Quelle nazionali, ovviamente.

Ora l’art. 33 della riforma costituzionale prevede che se il governo statale presenta una proposta di modifica degli statuti regionali e/o provinciali il relativo consiglio puo’ rifiutare l’intesa votando contro con una maggioranza dei 2/3 dell’assemblea. Il centrodestra locale si e’ battuto per portare questa soglia a 4/5, pensando che, in questa provincia caratterizzata dal fattore etnico, la soglia maggiore non sarebbe stata facilmente raggiungibile senza il coinvolgimento della minoranza locale/maggioranza nazionale. In realta’ nemmeno questa soglia sarebbe stata una garanzia. I consiglieri provinciali italiani erano 10 su 34 nel 1973 e ne sono stati eletti 7 su 35 nel 2003. Invece di sbattersi inutilmente per l’innalzamento del quorum, forse sarebbe stato piu’ appropriato inserire, per la Provincia di Bolzano, un meccanismo di voto simile a quello che consente una votazione separata per gruppi linguistici del bilancio. Certamente la sinistra patetica virtualmente interetnica ed i Verdi diranno che questo perpetuerebbe la caratteristica etnica della politica locale, ma agli eredi di Gramsci e Langer che nel 2001 hanno deciso di votare DC ed SVP “per garantire un futuro di pace a questa terra, esempio di convivenza” ricordo che una distinzione etnica in alcuni momenti decisionali non e’ necessariamente negativa ed e’ sempre meglio di una assimilazione e ghettizzazione strisciante, anche se dorata e compiuta “in nome della convivenza e per impedire un patto scellerato tra l’SVP ed i fascisti, compagni!”

La sicurezza e la pari dignita’ dei gruppi costituisce il presupposto e non la conseguenza della convivenza e per superare giustamente la spartizione etnica del potere bisognerebbe prima arrivarci.

Nel 1948, nella prima riunione del Consiglio regionale, replicando a chi auspicava di trasformare la regione in una piccola Svizzera, modello di integrazione culturale, Magnago tuono’:

“Solo quando tutti i gruppi si sentiranno liberi da timori e paure si avra’ la premessa per quella collaborazione di cui si continua a parlare. Fino a quando un gruppo o l’altro ha paura di soccombere, questa premessa psicologica manca. Quando questa paura non ci sara’ piu’, la collaborazione verra’ da se’.”

Allora il potere era saldamente nelle mani italiane, dello Stato e della Regione, mentre ora e’ saldamente nelle mani tedesche, della Provincia, modello esemplare di efficienza amministrativa, politica ed etnica e di “centralismo decentrato”. I sudtirolesi da vent’anni continuano a fingere di avere ancora paura dello Stato italiano – ma l’SVP comincia a costruire l’immagine di un nuovo nemico, il centralismo dell’Europa -, e gli altoatesini da vent’anni hanno fingono di avere paura della ricca e potente Provincia tedesca. Finche’ c’e’ la paura dell’assimilazione non potra’ esserci l’integrazione; ma se il potere e’ troppo sbilanciato, se e’ tutto da una parte, qualcuno si sentira’ sempre minacciato. Non e’ lo strumento di per se’ ad essere democratico od autoritario – pensiamo alla proposta/minaccia degli anni Cinquanta di istituire un’universita’ italiana a Bolzano -, ma e’ il progetto politico che lo governa.

Questa politica ha ghettizzato gli altoatesini – che per altri versi si sono ghettizzati anche da soli – ed ha ridotto la democrazia e l’autonomia a concetti che ricordano le farse settecentesche, che pero’ avevano il pregio di essere brevi e divertenti, mentre qui durano anni.

A tale proposito ricordo una bella scena nella commedia “Miseria e nobilta’” di Scarpetta che potrebbe essere utile per spiegare il rapporto tra i politici altoatesini ed i loro elettori. La scena rappresenta un uomo, Pasquale, che di professione faceva lo scrivano, redigendo a pagamento semplici lettere per il popolo ignorante ed analfabeta. Un giorno un tale, Felice, che evidentemente non aveva bisogno dei suoi servigi, gli si avvicino’ e noto’ che lui non scriveva nulla di sensato, ma abbozzava segni che nulla avevano a che fare con le lettere dell’alfabeto o con le parole del vocabolario. “Ma voi vi fate pagare per scrivere lettere, ma non sapete scrivere!” disse sconcertato. “Non ci sono problemi – rispose lo scrivano – tanto loro non sanno leggere.”

Dopo che il centrosinistra le ha consentito di “spremere lo Stato (e la Regione, n. d. a.) come un limone” (Brugger dixit) negli ultimi trent’anni, con una lenta, costante e dorata agonia quantitativa e qualitativa dei gruppi di minoranza etnica e politica locali, in futuro forse sara’ il centrodestra e sara’ probabilmente la stessa cosa, ma almeno gli altoatesini saranno finalmente rappresentati dalle persone che sono state le piu’ votate negli ultimi vent’anni. Mentre ora la figura dei fessi la fanno sempre quelli del centrosinistra patetico, in futuro potrebbero farla quelli del centrodestra. Ve lo immaginate l’assessore Urzi’ andare dal vicepresidente della giunta Holzmann a dirgli che la base del partito non e’ contenta dei rapporti politici con l’SVP? E questo a rispondergli che chi si lamenta e’ un nazionalista che non ha capito l’importanza del rapporto strategico con il partito che rappresenta quasi tutti i sudtirolesi? Ed il centrosinistra a dire che il governo di Roma ha svenduto gli italiani dell’Alto Adige per cinque voti in Parlamento? E la lobby dei professionisti sessantenni che da sempre controlla la DC nelle sue diverse sfaccettature (i professionisti cinquantenni, non trovando piu’ spazi disponibili, controllano la “sinistra”) a definirsi “l’ago della bilancia”, e a teorizzare fumose formule per motivare le loro piroette politiche, dovute al fatto che, all’opposizione, “non c’e’ trippa per i gatti”?

Perche’ spesso il dramma si trasforma in farsa. Soprattutto se non si ricomincia a fare politica non contro l’SVP – come proposto fino a pochi anno or sono dai prima neo poi post ora anti fascisti – ne’ sotto l’SVP, ma insieme, con pari dignita’, progettualita’ e rappresentativita’.

Parlando dei tempi necessari per l’applicazione dalla democrazia c’e’ chi ricorda cinicamente che e’ sempre meglio che il numero delle persone chiamate a deliberare sia dispari, per evitare di trovarsi con due gruppi di eguale consistenza. Ma, per rendere le scelte ancora piu’ veloci, e’ preferibile che questo numero dispari sia inferiore al tre. Qui da noi al maso ci sono, stando allo Statuto, tre gruppi etnici, ma uno decide per tutti. All’interno di questo gruppo etnico ci sono tre partiti, ma uno decide per tutti. All’interno di questo partito ci sono tre persone importanti, ma uno decide per tutti. E’ per questo motivo che tutto funziona cosi’ bene, qui al maso. Tutto, fuorche’ la democrazia.

Bolzano, 9 ottobre 2004.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 12 ottobre 2004.