Informazione regionale & provinciale

Informazione regionale & provinciale1

La recente proposta di Romano Viola – un autonomista autistico ma onestico – di riorganizzazione del TG RAI regionale ha rianimato parzialmente il dibattito intorno al tema dell’informazione locale e, indirettamente, sulla Regione/regione.

Dopo la crisi politica del primo statuto, il Los von Trient ed il terrorismo, con l’emanazione del secondo statuto la Regione e’ stata progressivamente svuotata e le sue vecchie competenze, insieme ad altre precedentemente statali, sono state trasferite alle due Province. I trentini, ampiamente responsabili della crisi del primo statuto, hanno fatto questa operazione nei confronti delle minoranze nazionali residenti in Alto Adige con la stessa logica con la quale posso regalare biancheria intima alle mie amanti o un manuale di cucina a mia moglie, facendo un regalo che sicuramente avra’ delle ricadute positive anche per me.

In questo periodo di ristrutturazione istituzionale e dislocazione delle risorse i trentini hanno proposto di avere un’unica sede regionale RAI a Trento, competente anche per Bolzano, lasciando a Bolzano solamente le redazioni di lingua tedesca e ladina. La proposta non e’ passata ed ora in regione ci sono 4 redazioni: quella di Trento, con un organico di 19 giornalisti; quella di lingua italiana di Bolzano, con un organico di 19 giornalisti; quella ladina di Bolzano, con un organico di 6 giornalisti; quella di lingua tedesca di Bolzano, con un organico di 26 giornalisti, per un totale di 70 giornalisti in una regione che conta complessivamente circa 900.000 abitanti. E’ lo stesso organico della redazione lombarda, con due sostanziali differenze: 1) una trentina dei 70 giornalisti lombardi deve realizzare programmi di carattere nazionale e quindi ne rimangono circa 40 ad occuparsi della redazione del TG lombardo; 2) la popolazione della Lombardia comprende circa 9 milioni di persone, circa dieci volte la popolazione della regione Trentino-Alto Adige-dimenticavo-Suedtirol. Una simile disponibilita’ di risorse umane la si trova solamente nella redazione della Val d’Aosta, non a caso spesso citata dai politici sudtirolesi per indicare un’altra regione che riceve dallo Stato piu’ di quanto versa in fiscalita’, come il Trentino-Alto Adige. Le uniche due regioni del Nord dove non ha vinto politicamente il centrodestra, anche se stenterei a definirle regioni di sinistra. Due regioni con autonomie basate su identita’ etniche collettive molto robuste.

La stampa e l’informazione hanno contribuito in maniera determinante a queste costruzioni, anche inventando denominazioni che poi diventavano concetti politici ed identitari. Non a caso il giornale dei liberali trentini stampato dalla fine dell’Ottocento si chiamava “Alto Adige”, anche se il riferimento era al Dipartimento napoleonico, e non a caso il corrispondente dall’attuale Alto Adige usava lo pseudonimo di “Isarco”, ma si chiamava Tolomei, il quale a partire dall’inizio del Novecento pubblico’ una rivista intitolata “Archivio per l’Alto Adige” e nell’epoca fascista si adopero’ per diffondere il concetto di “Triveneto”, le “Tre Venezie”. Tutti nomi che si diffusero tra banche, istituti, ed altri elementi che crearono nuove identita’ collettive e territoriali. E risulto’ quindi “naturale” anche per il CLN denominare “Alto Adige” il quotidiano stampato a Bolzano dopo il 1945 e diffuso anche a Trento con lo stesso titolo fino a quando, pochi anni or sono, una scelta non meno politica decise di cambiare il titolo dell’edizione di Trento in “Trentino”, togliendo e tagliando uno degli ultimi legami regionali.

In realta’ i due quotidiani mantengono delle “finestre” extraprovinciali-intraregionali che, insieme al notiziario RAI, consentono di avere notizie “foreste” particolarmente utili ed anche divertenti.

E’ divertente notare che nei primi anni Novanta lo slogan dell’Azienda di promozione turistica del Trentino, all’epoca di Malossini (1990 d. C. circa) – allora leader del centrosinistra e attuale leader del centrodestra – diceva: “Il Trentino: l’Italia come dovrebbe essere”, ma forse lo slogan era stato elaborato da un creativo postsituazionista con doti di preveggente, che aveva previsto tangentopoli e il destino dell’allora presidente della Giunta provinciale trentina, arrestato pochi mesi dopo.

Nel 1996, in occasione del 50° anniversario degli accordi De Gasperi-Gruber, l’allora presidente della giunta provinciale trentina, l’attuale neoladino Andreotti, a Vienna disse ufficialmente che fortunatamente c’era stata la dimostrazione dell’ancoraggio internazionale dell’autonomia trentina, con l’Austria come potenza tutrice.

Negli anni Novanta, in pieno sfascio della “prima repubblica” ogni domenica sera poteva giungere anche a Nord di Salorno la notizia della fondazione – ma a volte si sottolineava che si trattava di una rifondazione – dell’ennesima compagnia di Schuetzen trentini.

Secondo Viola questo sarebbero risorse sprecate, ma io credo di no. Anche il TG RAI italiano di Bolzano e quello del Sender Bozen spesso sembrano riferirsi a realta’ diverse oltre che parlare lingue diverse. Si tratta di differenze sociali e culturali oltre che linguistiche, che possono integrare la propria cultura e nell’era della comunicazione globale sarebbe assurdo limitare politicamente le possibilita’ di conoscenza. E per gli altoatesini anche la conoscenza della realta’ trentina puo’ essere utile.

A parte le notizie sui malviventi “residenti a Trento da anni, ma di origini calabresi”, anche le notizie dell’apertura dello spaccio della Famiglia cooperativa a Calliano, della comunita’ di Vigolo Vattaro che piange la scomparsa del tale concittadino illustre, della Federazione dei cori che svolge un congresso alla presenza di centinaia di aderenti e di un nugolo di politici trentini potrebbero essere utili agli altoatesini per capire che certe cose accadono anche nel Trentino esattamente come accadono in Alto Adige, con la sostanziale differenza dovuta al fatto che in provincia di Bolzano questo tessuto sociale extrabolzanino e’ interamente sudtirolese per quanto riguarda i personaggi (sociali) e gli interpreti (politici). Anche le notizie sui tentativi della Provincia autonoma di Trento di controllare politicamente l’Universita’ e la ricerca possono essere di qualche utilita’: quando accadono a Nord di Salorno gli altoatesini le vedono sempre come un attacco etnico da parte dei sudtirolesi ed invece dovrebbero essere viste per quello che sono: una manifestazione di centralismo statale decentrato, prima alla Regione ed ora alle due Province, pur con le sostanziali differenze etniche e politiche.

Queste notizie dovrebbero consentire di capire che la classe politica trentina, di centrodestra e di centrosinistra, da anni cerca di scimmiottare l’SVP con motivazioni storiche ed etniche dell’autonomia, quasi che il “sacro egoismo locale” avesse sostituito il “sacro egoismo nazionale” otto-novecentesco che giustifico’ guerre, annessioni e imperialismo, ed anche le polemiche sulle richieste del comune di Ruffre’-della Mendola di essere annesso all’Alto Adige ricordano, in piccolo, le lotte per le annessioni o l’autodeterminazione dei popoli. Una volta come dramma, ora come farsa. Facendo i tirolesi quando si tratta di rivendicare autonomia da Roma; gli italiani quando si tratta di spartirsi le risorse con l’SVP.

Ed anche per i trentini le informazioni sulla realta’ sudtirolese potrebbero risultare interessanti: se fossero stati un po’ piu’ attenti, ad esempio, non si stupirebbero del fatto che il “pacchetto famiglia” regionale e’ stato emanato dall’assessora SVP senza prendere in considerazione le rappresentanze sindacali, cosi’ come potrebbero stare in guardia sui rischi dell’eccessiva etnicizzazione della politica.

Ma gli altoatesini che per decenni hanno fatto il tifo per lo Stato prima e per la Regione poi, sperando negli equilibri etnicamente piu’ favorevoli, dovrebbero avere capito che oramai devono cavarsela da soli ed anche il governo nazionale di centrodestra, al cui interno i leghisti si sognano di conquistare quello che l’SVP ha conquistato per se’ e di conseguenza per i trentini, giustamente non li ha considerati “minoranza nazionale”.

Allora si tratta di riprendere parte del tempo perduto ad inseguire le chimere del nazionalismo fascista pre-1943, democristiano post-1945 e neofascista fino agli anni Novanta: non illudersi di avere liberato fratelli trentini ansiosi di essere redenti o di essersi trasferiti in una qualunque regione italiana, ma di essere andati all’estero, culturalmente parlando, quando ci si e’ trasferiti a Nord di Salorno, pur senza avere avuto la necessita’ di fare il passaporto ed imparare la lingua straniera.

A differenza dei compaesani che sono andati veramente all’estero, gli italiani che sono arrivati a Bolzano non si sono posti subito il problema di imparare la lingua parlata dalla maggioranza della popolazione locale, ne’ di conoscere la storia e il territorio locali. Ma per vivere in questa terra, evitando che l’autonomia provinciale si trasformi da strada obbligata in vicolo cieco, non c’e’ altra strada della conoscenza della realta’ locale, quella passata e quella presente. Con i suoi organici il servizio pubblico potrebbe approfondire, insieme agli altri organi di informazione, questa realta’ locale cosi’ complessa ma anche cosi’ ricca ed interessante, senza necessariamente cadere nell’eccesso opposto dell’eccessivo localismo.

Nella prima bozza del programma politico dell’ultima giunta provinciale vi era un riferimento al compito del servizio pubblico televisivo per quanto riguarda spazi di approfondimento locale anche in lingua italiana, ma nella stesura definitiva non si trova traccia di questo. Il partito che ha fatto di tutto per considerare sprezzantemente gli altoatesini lo Staatsvolk non ha evidentemente alcun interesse ad avere concittadini italiani bilingui e radicati. Ma i loro rappresentanti politici, oltre a spartirsi le poltrone di governo e di sottogoverno, compresi i posti degli organici della RAI, dovrebbero occuparsi seriamente anche di questo.

Bolzano, 6 novembre 2004.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull’ “Alto Adige” il 6 novembre 2004.