Rien ne va plus

Rien ne va plus 1

Forse non ve ne siete accorti, ma la campagna e la lotta elettorale per le elezioni provinciali si e’ finalmente conclusa.

Ora che la direzione dell’SVP ci ha comunicato ufficialmente la lista dei suoi candidati per le elezioni provinciali di novembre dopo le loro primarie interne che hanno selezionato, attraverso un confronto serrato tra interessi di lobby e microterritoriali-valligiani, le 35 persone che hanno circa 22 probabilita’ su 35 di venire eletti, il gioco e’ oramai finito, e rimangono gli spazi solamente per le comparse della politica. Circa 400 candidati di altre 15 liste si contenderanno circa 13 seggi. L’80% dei sudtirolesi che, in cambio di tutela etnica, ricchezza e buon governo ha sacrificato alcuni elementi fondamentali della democrazia, votera’ per quel partito che ha giustamente lottato ed ottenuto una forte autonomia provinciale in quanto minoranza nazionale, chiedendo quindi un trattamento politico che garantisse competenze e finanziamenti considerando gli enti locali e le minoranze elementi di democrazia e ricchezza, non misurabili solamente in termini numerici, i quali sicuramente eliminerebbero le minoranze. Una volta ottenuta questa autonomia, da anni viene gestita rispetto agli enti locali territoriali ed alle minoranze politiche ed etniche provinciali contando solamente i rapporti numerici.

La maggior parte degli italiani per protesta votera’ per un partito che fino a pochi anni fa era postfascista, centralista, contrario all’autonomia ed anche al bilinguismo, che ha contribuito in maniera determinante a ghettizzare gli italiani dell’Alto Adige. Gli altri italiani ed una parte dei sudtirolesi voteranno per una miriade di partiti che riusciranno ad eleggere al massimo uno o due rappresentanti politici e che forse in seguito abbandoneranno i gruppi iniziali per formare raggruppamenti dai nomi spesso fantasiosi, costituendo delle one man band, senza partiti o movimenti di opinione alle spalle.

Il fenomeno non e’ solamente altoatesino. Nelle recenti elezioni amministrative di Riva del Garda, un comune che conta meno di 15.000 abitanti, oltre 460 candidati si sono contesi i 29 posti di consigliere comunale divisi in 17 liste, con 6 candidati alla carica di sindaco. Confondere questa paranoia personalistica con una forte democrazia partecipativa sarebbe come confondere il torrente di parole di una radio privata con una conferenza di Umberto Eco per il solo fatto che entrambe utilizzano le parole. Gli elettori disorientati, visto che i programmi elettorali parlano delle stesse cose proponendo spesso progetti simili, partecipano alle elezioni con lo stesso animo passivo con il quale guardano le partite di calcio e le polemiche del calcio-parlato.

A livello provinciale il partito di maggioranza assoluta, fregandosene della mitica volonta’ popolare, giudichera’ unilateralmente ed insindacabilmente antiautonomiste e/o inaffidabili le forze politiche che avranno raccolto piu’ voti e, dovendo scegliere almeno due italiani da cooptare in giunta, li scegliera’ tra le persone che rappresentano i gruppi politici meno rappresentativi o tra persone che si metteranno il cartellino con il prezzo piu’ basso al collo durante le trattative per la formazione della giunta provinciale, che in seguito gestiranno le loro competenze facendo spesso rimpiangere il centralismo romano o la stessa capacita’ amministrativa dell’SVP, favorendo gli imprenditori che hanno finanziato le loro campagne elettorali e collocando in posti di responsabilita’ persone dalle dubbie qualita’ professionali.

Da oltre vent’anni le cose vanno cosi’, determinando una frustrazione tra le minoranze politiche ed etniche provinciali che non riescono ad esprimere una classe dirigente all’altezza della situazione che si e’ creata conseguentemente all’applicazione del 2° Statuto, attuato con un notevole dispendio di ricchezza materiale, ma con altrettanto notevoli carenze per quanto riguarda la democrazia.

Mentre fino alle trattative per la realizzazione della giunta provinciale del 1998 i partiti del centrosinistra, da vent’anni i meno votati dagli altoatesini, potevano vantare almeno i rapporti con il governo statale, questa volta non avranno nemmeno quell’argomento da porre sul tavolo delle trattative, e l’SVP potra’ abbassare a suo piacimento il prezzo da pagare, prendendosi anche l’assessorato all’industria, ad esempio, ricordando che il centrodestra, oltre ad essere piu’ votato, potrebbe vantare anche i buoni rapporti con il governo romano. In ogni caso sara’ sempre l’SVP a scegliere, indipendentemente dal comportamento elettorale degli altoatesini.

Le cose andavano diversamente in passato, quando la Regione e lo Stato avevano ancora competenze significative ed i partiti italiani votati dagli altoatesini avevano anche progettualita’ politiche relative a diversi ambiti territoriali, che potevano compensare politicamente il dato quantitativo di minoranza locale degli altoatesini. Ma ora, dopo tangentopoli e la deriva territoriale di una politica sempre meno progettuale e credibile, non e’ piu’ cosi’. Forse le cose potrebbero cambiare se una riforma del sistema elettorale imponesse all’SVP di prendersi in giunta i rappresentanti piu’ votati dagli altoatesini, e discorso analogo vale anche per le elezioni politiche, visto l’accordo di doppia desistenza spacciato per accordo politico che ha impedito che la rappresentanza parlamentare degli altoatesini andasse a chi e’ piu’ votato. Ma fino ad allora, e quindi per molto tempo ancora, la democrazia elettorale in Alto Adige/Suedtirol per chi non vota SVP presenta delle incongruenze tali da non affascinare piu’ nessuno.

Fate il loro gioco signori. Rien ne va plus.

Bolzano, 27 maggio 2003.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 27 maggio 2003.