La meglio gioventù, aus Suedtirol

La meglio gioventù. Aus Suedtirol1

Il giornale “Alto Adige” del 20 gennaio 1972 pubblica il testo integrale della legge costituzionale n. 1 del 10 novembre 1971, riguardante modificazioni e integrazioni dello Statuto speciale Trentino Alto Adige, il “Pacchetto”. Magnago sostiene che l’entrata in vigore del nuovo statuto di autonomia deve essere considerata una giornata di festa.

Nella cronaca si legge tra l’altro che Piergiorgio Rauzi, 36 anni, ordinato prete 12 anni prima, ha lasciato il sacerdozio per cause politiche.

L’Automobil Club propone la costruzione di un autodromo a Castel Firmiano.

Si e’ costituito a Bolzano il circolo “La Comune”, che si propone di organizzare attivita’ culturali. Tra i fondatori Franco Lago, Sandro Forcato, Claudio Emeri, Toni Cheneri, Roberta Fabbrini, Alex Langer, Toni Visentini, Lidia Menapace, Francesca Muscetta, Leonardo Tassotti, Giorgio Albarello, Enzo Acinapura, Carla Lazzerini, Italo Mauro, Giuseppe Sfondrini, Claudio Nolet.

Per singolare coincidenza quindi la prima notizia pubblica riguardante il Circolo La Comune coincide con la data dell’entrata in vigore del “Pacchetto”, cosi’ caparbiamente osteggiato dal giornale, tanto che Berloffa si vide costretto a favorire la pubblicazione di una edizione locale de “Il Giorno” pur di avere un organo di informazione a lui favorevole. Lo stesso Stato, lo stesso governo e lo stesso partito finanziavano, pur senza ammetterlo, un giornale nettamente contrario all’autonomia provinciale ed uno nettamente favorevole. Che fosse questo il pluralismo?

Ma a noi allora giovani queste cose interessavano poco, piu’ interessati e gratificati da cio’ che accadeva in Vietnam ed in Cina che dalla delega delle competenze regionali.

Mentre Magnago & Benedikter strappavano competenze e finanziamenti a Roma, i politici di sinistra discutevano di convivenza, autonomia, democrazia, imperialismo, Vietnam, Cina e Cecoslovacchia; quelli del centro tentavano di scimmiottare l’SVP per diventare il partito di raccolta degli italiani; quelli di destra dicevano che per difendersi dai tedeschi era necessario anche ignorare la lingua parlata dalla maggior parte della popolazione locale, e da 80 milioni di europei, oltre ad essere ovviamente contrari all’autonomia.

Ricordo che uno dei primi comizi da me ascoltati si svolse al cinema Columbia, in seguito divenuto cinema a luci rosse ed ora sala Bingo, in Via Resia a Bolzano. Era il 1973 ed il gruppo di “Unita’ Proletaria” di Bolzano, con una decisione d’avanguardia a livello nazionale, decise di presentarsi alle elezioni comunali. Non era affatto ovvia per un movimento politico extraparlamentare una scelta di questo tipo, ma si pensava che la presenza istituzionale non fosse necessariamente antitetica, ma complementare alla pratica politica sociale. L’oratore era Vittorio Foa, uno dei “grandi vecchi” della sinistra italiana, che ora ha oltre novant’anni ed ancora interviene nel dibattito politico e culturale con la passione e la ragione che da sempre lo caratterizzano. Per la cronaca il risultato delle elezioni porto’ all’elezione di Sandro Angelucci nel consiglio comunale. Nel maggio dell’anno successivo si svolse il referendum per il divorzio, e ricordo il comizio finale in Piazza Matteotti con Lidia Menapace, altro personaggio che non riesce mai a disgiungere la passione politica con la cultura e l’impegno sociale. Spesso mi sono chiesto se la mia passione politica sarebbe stata la stessa se le mie prime partecipazioni ai comizi mi avessero portato a sentire uno di quei personaggi – e ce n’erano molti anche in quell’area politica – che urlavano slogan senza riuscire a puntare al cuore ed al cervello delle persone.

Ricordo il mio primo giorno di scuola alle superiori come se fosse ieri. Pochi giorni dopo iniziarono una serie di scioperi ed assemblee per denunciare la carenza di aule. Alla fine di una assemblea nella quale avevo fatto alcune domande venne da me uno studente dell’ultimo anno, Toni Serafini, che mi chiese di preparare un intervento per l’assemblea della settimana successiva. Andai alla Biblioteca civica ed al Comune per raccogliere documentazione sulla serie storica dei dati anagrafici in relazione all’edilizia scolastica e preparai il mio primo intervento. Da allora non sono piu’ riuscito a venirne fuori.

Mi sono iscritto in seguito, alla meta’ degli anni Settanta, ai corsi serali del Consorzio Lavoratori Studenti, dopo una bocciatura nei corsi diurni dovuti ad una militanza full time che mi impegnava notevolmente e che mi aveva portato anche a preparare le lezioni di storia per tutta la classe durante un periodo di autogestione studentesca. La conseguenza di cio’ fu una notevole passione per la storia contemporanea, in seguito ulteriormente sviluppatasi, ed una sonora bocciatura da parte degli insegnanti.

L’ambiente del CLS era all’epoca fortemente impregnato dell’impegno sociale dell’epoca. Molti utenti erano ex corsisti delle 150 ore, gli operai che avevano rivendicato una propria cultura di parte, di classe, ed il diritto all’accesso ad una formazione permanente nel tentativo di mettere in discussione i rapporti di potere anche nel campo del sapere. Oltre a questa utenza di adulti c’eravamo anche noi ex studenti delle diurne, che per motivi diversi avevamo abbandonato i corsi ordinari. L’insegnamento di alcune materie era in comune fra i corsisti dei diversi indirizzi, ed in questo modo si formavano continuamente nuovi gruppi di discussione.

La mia vita allora aveva questo ritmo: la mattina, dalle 7 alle 14, scaricavo carri merci alla stazione; il pomeriggio, dalle 15 alle 19, lavoravo alla libreria La Sinistra, in seguito divenuta Cooperativa libraria Bolzano ed ora Kolibri, dove Josef Zoderer, allora sconosciuto, portava ogni tanto cinque copie del suo primo libro lasciandole in “conto vendita”; la sera, dalle 19.30 alle 23, frequentavo i corsi serali del CLS, per poi finire le serate al bar per parlare immancabilmente di politica, a volte per aspettare un’ora opportuna per andare ad attacchinare manifesti o a scrivere sui muri “Ne’ dio, ne’ stato, ne’ patria, ne’ famiglia”. Tutte cosette che poi, nel corso degli anni, magari in ordine inverso, spesso si impara ad apprezzare.

Come i bohe’mien ottocenteschi, rivendicavamo il diritto di vivere la vita senza una separazione tra l’idealita’ e la realta’, ma non eravamo nemmeno disposti ad attendere messianicamente la rivoluzione per vivere diversamente. La vita, la militanza politica, la cultura ci sembrava dovessero e potessero essere intrecciate.

E le donne si’ che erano toste, all’epoca, non come le donne SVP ex mogli/ex amanti che sembrano uscite da una telenovela! All’epoca ho avuto una storia quadriennale con una femminista, psicoanalista postfreudiana e postjunghiana, che aveva undici anni piu’ di me: una esperienza che – se ne esci vivo – ti consente di superare in seguito anche le situazioni dialogicamente e relazionalmente piu’ drammatiche con estrema facilita’.

Le iniziative del Circolo La Comune erano l’ambiente culturale di quell’area politica, con tutte le caratteristiche conseguenti. Si andava alle iniziative per il desiderio di conoscere, ma anche di conoscersi e di riconoscersi come elementi di un movimento che ci sembrava e forse realmente era formidabile. Una sorta di Rotary club, ma dall’altra parte. Se poi i proverbiali problemi organizzativi del Circolo La Comune ci obbligavano a stare delle ore nella vecchia e fredda sede della Fiera di Via Roma nessuno osava lamentarsi, per non rischiare di passare per uno squallido piccolo borghese abituato a stare al calduccio.

La prima iniziativa alla quale ricordo di avere partecipato si svolse nel 1973 al palazzetto dello sport di Viale Trieste. Nel giro di 48 ore si organizzo’ la prima nazionale di “Guerra di popolo in Cile”, con Dario Fo e Franca Rame che recitavano sul ring davanti a 1.000 persone che gridavano “Il Cile e’ gia’ un altro Vietnam!”

Nel 1975 andai a Milano, nella sede del Movimento Studentesco di Piazza Santo Stefano, a ritirare la pizza del film “Il caso del partigiano Pircher”. Il tutto prese avvio dall’incontro casualmente avvenuto nel carcere di Fossano tra Giovan Battista Lazagna, ex partigiano e membro di “Soccorso Rosso”, accusato di essere un fiancheggiatore delle Brigate Rosse, e Hans Pircher, sudtirolese accusato di un omicidio avvenuto in Val Passiria tra la fine della guerra ed i primi mesi dopo la Liberazione ad opera del gruppo di Karl Gufler, considerato un partigiano dalla popolazione locale ma un bandito dalle autorita’ italiane. Visto che la politica della memoria ufficiale/SVP non prevedeva il ricordo di personaggi di questo tipo, Pircher se ne stava da oltre vent’anni in carcere e solamente l’azione di Lazagna, che pubblico’ anche un libro sulla sua storia, mise in moto un movimento di opinione che ne chiese la liberazione. Forcato commissiono’ la realizzazione di un documentario sulla sua storia, che ritirai a Milano e venne proiettato il giorno seguente nella sala di rappresentanza del Comune di Bolzano.

E ricordo il concerto di Gualtiero Bertelli al vecchio palazzetto dello sport di Viale Trieste con una acustica tremenda e delle canzoni popolari e di lotta venete che ancora oggi mi commuovono quando le riascolto. Si’, perche’ penso di essere l’unico motociclista al mondo che viaggia in autostrada con una moto BMW da 300 chili e 30 milioni di vecchie lirette sparandosi nel casco non quei ritmi ossessionanti da musica techno, ma canzoni di Gualtiero Bertelli, Ivan Della Mea, Claudio Lolli e Francesco Guccini. Tutti autori conosciuti a Bolzano grazie ai concerti organizzati da La Comune, che si sono trasformati nella colonna sonora e ideale della mia vita.

Le scuole, allora di competenza statale, erano il centro della vita politica e culturale, e tutti noi che fortunatamente facevamo quel lavoro cosi’ “sociale” ed appassionante pensavamo addirittura di poter cambiare il mondo, perche’, come cantava Guccini, “a vent’anni si e’ stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’eta’”. Ricordo il mio primo giorno di insegnamento, il 24 settembre 1978, il giorno prima ancora a Bologna, all’universita’, la mattina a Vipiteno nella scuola media tedesca e la sera al Circolo della stampa di Bolzano, a discutere pubblicamente un documento che avevo firmato con altre 11 persone, quasi tutti insegnanti, dal quale scaturi’ l’esperienza della Nuova Sinistra/Neue Linke.

Ricordo i primi scambi di insegnanti e studenti tra scuole dei diversi gruppi, una pratica che ora si sta diffondendo e che allora era vista come una rivolta contro il potere costituito, nei licei di Merano, favorita dall’allora preside del liceo di lingua tedesca, che era stato tra i fondatori delle sezioni tedesche del PCI in Sudtirolo nell’immediato dopoguerra.

E ricordo Benno, che poi ha diretto l’Accademia di Design, Walter, che ora fa il taxista a Berlino e traduce splendidi libri, Lorenz, che ora e’ il corrispondente da Parigi dell’ORF, Christian, fondatore del Suedtiroler Kulturzentrum, che avrebbe voluto vivere altri cent’anni ed invece s’e’ l’e’ preso il destino, altri che hanno deciso di uscire dalla scena quando meno te lo aspettavi e centinaia di altre splendide persone. Se per tutta la vita mi sono impegnato nel mio lavoro e’ perche’ ho avuto la possibilita’ di conoscere questi sudtirolesi che mi hanno fatto credere che le nostre diverse lingue e culture fossero una chance e non un peso da sopportare per un dannato scherzo del destino.

E giu’ a scrivere libri di storia locale gli uni e giu’ ad insegnare la seconda lingua gli altri, accomunati dalla convinzione che, dati strumenti di comprensione storica, sociologica o linguistica, fosse possibile superare il pre-giudizio etnico ed arrivare al cuore delle contraddizioni, quelle di classe, come si diceva allora, o quelle politiche-sociali, come si direbbe oggi.

Ora e’ facile scherzare e fare dell’ironia e dell’autoironia – che secondo Che Guevara sono, insieme alla pazienza, le vere armi del rivoluzionario – ma ai tempi si era in piena preistoria dal punto di vista politico-culturale. Mancavano veramente gli spazi e la politica culturale della Provincia era faziosa dal punto di vista politico ed etnico e quella del Comune limitata alla gestione, allora fallimentare, del Museo e della Biblioteca. Una delle ultime iniziative culturali della Provincia si intitola “E’ora di conoscersi”, ma allora Zelger diceva: “Piu’ ci separeremo e meglio ci capiremo”, mentre il suo omologo di lingua italiana annuiva e faceva ben altro, sperando di trasformare il suo partito nel Sammelpartei degli altoatesini. Ma senza quella carica di passione politica non sarebbe stato possibile avviare quel meccanismo che in trent’anni ha trasformato cosi’ profondamente questa terra ed anche questa autonomia. Ma se avessi 30 anni e 30 chili di meno e se fosse possibile viaggiare a ritroso nel tempo non me ne perderei neanche una di quelle iniziative di quegli anni formidabili!

Bolzano, 13 dicembre 2003.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 16 dicembre 2003