Inno del centrosinistra stanco

Inno del Centrosinistra stanco1

Come tradizione, anche questa volta provo a fare una sintesi dell’anno trascorso utilizzando una canzone famosa. Di solito cerco di farne una parodia, ma questa volta vorrei limitarmi a proporre il testo di una canzone che e’ stata un simbolo del disimpegno dei primi anni Settanta.

Le tradizioni e i simboli sono importanti, perche’ permettono anche ai pigri di costruirsi riferimenti identitari. Eric Hobsbawm ci ha spiegato che spesso le tradizioni nazionali, apparentemente millenarie, sono state inventate nel 18° e 19° secolo, ma le nazionalizzazioni delle masse si sono basate anche su questo, e Gorge Mosse ci ha spiegato che anche il nascente movimento operaio socialista e comunista tardo-ottocentesco ha utilizzato inni, bandiere, feste per creare forti sentimenti identitari.

Il Centrosinistra locale, sempre meno votato e progettuale, e’ arrivato ai massimi livelli istituzionali e ai minimi risultati elettorali. Prossimamente l’SVP sara’ costretta alla chiamata degli assessori esterni al Consiglio provinciale pur di avere personaggi di questo tipo in giunta. Ma, come sempre accade, basta avere un po’ di fantasia, capacita’ retorica e faccia tosta per dimostrare che cio’ non e’ assolutamente vero. Prendiamo le dichiarazioni della Gnecchi, ad esempio, che dopo i risultati catastrofici delle elezioni provinciali e’ riuscita a dire che la sinistra nel suo complesso ha avuto un buon successo, considerando il risultato degli Arbeitnehmer. E, dopo che l’SVP l’ha incoronata vicepresidente della giunta provinciale, togliendo agli italici le competenze sui trasporti e l’industria, e’ riuscita a dire con tono trionfante che per la prima volta questa carica veniva conferita ad una persona di sinistra, e anche donna!

Il vicepresidente italiano della giunta provinciale potrebbe presiedere la giunta solamente in caso di morte improvvisa e congiunta del presidente tedesco e del vicepresidente tedesco, e se cio’ avvenisse di martedi’ li rimpiazzerebbero in tempo per evitare che possa presiedere la riunione di giunta del lunedi’ successivo.

La carica evidentemente non porta bene dal punto di vista poltico: negli ultimi vent’anni i vicepresidenti italiani della giunta provinciale sono stati Ferretti e Di Puppo: il primo ha concluso la sua carriera politica portato via da un cellulare della Questura; il secondo ha concluso la sua carriera politica portato via da un insuccesso elettorale che non si era mai visto nel panorama locale da parte di un assessore uscente ricandidato.

L’assessora Gnecchi ha esordito nei suoi discorsi pronunciati per un anno dopo la sua cooptazione in giunta nel 1998 ricordando che il Kapo’ aveva avuto 104.271 preferenze, mentre lei ne aveva avute solamente 2.302, e che non era possibile fare politica in Alto Adige contro la volonta’ del partito che rappresenta il 90% dei sudtirolesi. Un ragionamento fatto onestamente pochi anni prima anche da Romano Viola, un autonomista autistco ma onestico – esattamente l’opposto della Gnecchi, che riuscirebbe a parlare anche con i cadaveri, dicendo loro di trovarli ancora in perfetta salute -, considerato a torto un venduto ai tedeschi dai suoi stessi compagni di partito. Un giorno le ho ricordato pubblicamente e bonariamente che i due leader dei verdi e dei postfascisti avevano avuto, ognuno dei due, la somma delle preferenze che avevano avuto tutti e tre gli assessori italofoni che l’SVP aveva cooptato in giunta. Poi l’ex sindacalista arrabbiata ha iniziato una campagna per farsi definire assessora e non assessore. Mi e’ venuto in mente un bel libro di Lucy Irigaray, psicoanalista femminista militante negli anni Settanta, che ha pubblicato un libro intitolato Parlare non e’ mai neutro, nel quale spiega come la comunicazione sociale spesso riproduce acriticamente stereotipi di genere e d’altro tipo. Questo e’ sicuramente vero, occorre pero’ ricordare che anche stare sempre politicamente zitti non e’ mai neutro.

Ora, con lo stesso stile, la vicepresidenta della giunta provinciale potrebbe ricordare a chi, come me, parla di delegittimazione oramai ventennale degli esponenti italici della giunta provinciale, che il presidente e la vicepresidenta della giunta provinciale hanno complessivamente la bellezza di 114.756 preferenze, giusto la somma delle 110.051 del boss e delle 4.705 sue.

Anche il recente programma politico della giunta provinciale, che dovrebbe costituire un principio-guida della politica locale nei prossimi cinque anni, contiene riferimenti alla rappresentativita’ per le nomine e gli incarichi negli enti pubblici:

“Nei rapporti politici tra i partiti della coalizione occorre affermare un sistema di regole e di comportamenti che eviti tensioni e lacerazioni e che rafforzi il metodo del dialogo fondato sul consenso e la pari dignita’ tra le forze politiche e i gruppi linguistici. I partiti della coalizione concordano nella volonta’ di individuare, per le nomine e gli incarichi in enti pubblici, criteri che tengano conto, sia dei requisiti di professionalita’, competenza, e rappresentativita’ civile anche ai vertici, affinche’ a tutti i gruppi linguistici sia garantito il giusto principio della rappresentanza. In particolare occorre operare concretamente per garantire che all’interno del gruppo linguistico italiano possa radicarsi un ampio e condiviso senso di partecipazione al governo della cosa pubblica.”

E non mancano ovviamente i riferimenti all’identita’ ed alle tradizioni:

“In un mondo progressivamente globalizzato i concetti di Heimat e di identita’ acquistano sempre maggiore significato. L’eredita’ culturale e con essa anche l’identita’ del singolo vanno conservate. Nel contempo, in particolare in una terra con tre gruppi linguistici diversi, va incentivata la comprensione e l’apertura nei confronti di altre culture e degli sviluppi futuri. Heimat e tradizione creano identita’ e costituiscono il presupposto per apertura, generosita’, sicurezza di se stessi e comprensione nell’incontro tra i cittadini e cittadine di altre culture. In materia di toponomastica e’ necessario giungere ad una soluzione accettabile per tutti e tre i gruppi linguistici, tenendo conto della proposta avanzata nella scorsa legislatura dal Presidente della Giunta provinciale e della SVP.”

E allora, in questo nuovo scenario, se la Gnecchi e’ la nuova leader del centrosinistra, e’ necessario trovare a quest’area politica anche un inno adeguato alla (boja d’un mond) leader e alla progettualita’ politica di tutta quest’area. Ecco la mia umile proposta:

Fin che la barca va

“Il grillo disse un giorno alla formica: “Il pane per l’inverno tu ce l’hai, perche’ protesti sempre per il vino, aspetta la vendemmia e ce l’avrai”.

Mi sembra di sentire mio fratello, che aveva un grattacielo nel Peru’, voleva arrivare fino in cielo e il grattacielo adesso non l’ha piu’.

Fin che la barca va, lasciala andare, fin che la barca va, tu non remare, fin che la barca va, stai a guardare.

Quando l’amore viene il campanello suonera’, quando l’amore viene il campanello suonera’.

E tu che vivi sempre sotto il sole, tra file di ginestre e di lilla’, al tuo paese c’e’ chi ti vuol bene, perche’ sogni le donne di citta’.

Mi sembra di vedere mia sorella, che aveva un fidanzato di Cantu’, voleva averne uno anche in Cina e il fidanzato adesso non l’ha piu’.

Fin che la barca va, lasciala andare, fin che la barca va, tu non remare, fin che la barca va, stai a guardare.

Quando l’amore viene il campanello suonera’, quando l’amore viene il campanello suonera’.

Stasera mi e’ suonato il campanello, e’ strano, io l’amore ce l’ho gia’, vorrei aprire in fretta il mio cancello, mi fa morire la curiosita’.

Ma il grillo disse un giorno alla formica: “Il pane per l’inverno tu ce l’hai”, vorrei aprire in fretta il mio cancello, ma quel cancello io non l’apro mai.

Fin che la barca va, lasciala andare, fin che la barca va, tu non remare, fin che la barca va, stai a guardare.

Quando l’amore viene il campanello suonera’, quando l’amore viene il campanello suonera’…”

1970: di M. Panzeri – L. Pilat – F. Arrigoni, cantata all’epoca da Orietta Berti.

2004: Voce solista: Luisa Gnecchi, sullo sfondo, muovendo la bocca senza cantare, DS, Rifondazione e “i movimenti”; saldamente ancorati alla guida della Sasa, gli ex socialisti; la claque e’ formata dai quadri sindacali; in parte, fortunatamente fuori dal coro, in trepida attesa di essere chiamati a farne parte con una voce italiana, i Verdi.

Ma in questa terra fortunatamente caratterizzata dall’abbondanza, vorrei umilmente proporre un’alternativa, anche per rispettare la componente cattolica del Centrosinistra locale.

Lui($) ci ha dato (Non so proprio come far)

Non so proprio come far per ringraziare il mio Signor, ci ha dato i cieli da guardar e tanta gioia dentro il cuor.

Anche se ci ha tolto l’industria…

Lui($) ci ha dato i cieli da guardar, Lui($) ci ha dato la bocca per cantar, Lui($) ci ha dato il mondo per amar, e tanta gioia dentro il cuor (1 volta).

Lui($) s’e’ chinato su di noi ed e’ disceso giu’ da Falzes, per abitare in mezzo a noi e per salvare tutti noi.

Anche se ci ha tolto i trasporti…

Lui($) ci ha dato … (2 volte).

E quando un di’ con Lui($) sarem, nel suo bel maso abiterem, nella sua casa tutta d’or, con tanta gioia dentro il cuor.

Anche se continuando cosi’ ci lascera’ solamente la scuola e la cultura italiana…

Lui($) ci ha dato … (3 volte).

Bolzano, 30 dicembre 2003.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 30 dicembre 2003.