Il senso delle parole e della politica

Il senso delle parole e della politica 1

Lo storico Michel Foucault, attento studioso delle forme di disciplinamento in eta’ moderna e contemporanea, ha descritto bene nel suo libro intitolato “L’ordine del discorso”, pubblicato da Einaudi nel 1972, le pratiche di emarginazione ed omologazione che condizionano la produzione e la circolazione dei discorsi nella nostra societa’.

L’antropologo Franco La Cecla, attento studioso delle forme di comunicazione interculturale, ha descritto bene nel suo libro intitolato “Il malinteso”, pubblicato da Laterza nel 1997, la funzione positiva del malinteso nella comunicazione umana. Al contrario di quanto affermano i teorici della comunicazione globale, che spesso in definitiva significa circuitare contenuti di parte in maniera falsamente oggettiva, il malinteso comunicativo, non solamente tra appartenenti a culture/lingue diverse, puo’ avere una funzione positiva se serve a sviluppare ulteriormente i discorsi per meglio definire i contenuti, ma questo puo’ avvenire solamente tra persone interessate ad una reale comunicazione bilaterale, dove tutte le parti in causa hanno il desiderio di comunicare e capire ragioni che possono essere anche molto diverse, mentre non puo’ avvenire, ad esempio, quando la comunicazione viaggia a senso unico, ne’, tanto meno, quando si tratta di un dialogo tra sordi.

Il malinteso puo’ nascere anche tra persone che parlano la stessa lingua, perche’ il significato che diamo alle parole puo’ essere anche molto diverso, a seconda delle diverse culture di appartenenza e sensibilita’. Quando, ad esempio, uomini e donne parlano di amore, spesso hanno riferimenti diversi. Una storiella di cui purtroppo non conosco l’autore, ma che spiega meglio di centinaia di pagine scritte questi concetti, racconta di due persone, un uomo ed una donna, nudi sul letto, mentre fanno l’amore. Lei gli chiede: “Caro, ma tu mi ami veramente?” E lui risponde: “Ma come, non lo vedi? Sono gia’ venuto tre volte!”

L’ampia e dotta introduzione mi sembra necessaria per parlare degli ultimi avvenimenti politico-elettorali. Il “tandem” Bressa-Peterlini era un ambizioso accordo politico, presupposto di una nuova stagione politica, dove gli elettori sono chiamati a fare scelte che sono finalmente politiche piu’ che etniche, o una semplice doppia desistenza, come spesso fanno partiti simili e anche diversi, semplicemente per impedire il sicuro successo altrui?

Fino a domenica scorsa sembrava prevalere la prima interpretazione, ed io, che da una vita ritengo che in questa terra ed in questa provincia la progettualita’ politica, soprattutto se interetnica, sia piu’ importante dell’appartenenza etnica, che non va ne’ enfatizzata come fanno i nazionalisti, ne’ sottovalutata come fanno i “Verdi-Alternativi”, ho seguito attentamente i discorsi dei politici che, come insegnava Foucault, hanno una logica tutta particolare di inclusione/esclusione. Ho letto e ascoltato gli scritti ed i discorsi delle due fasi della campagna elettorale del democristiano bellunese Bressa: la prima fase, quando si muoveva nell’auto blu del ministero, e la seconda fase, quando si muoveva nel Maggiolone bianco-rosso dell’SVP. Non mi aspettavo ne’ discorsi critici nei confronti del governo da parte di un esponente del governo, ne’ discorsi critici nei confronti del blocco di potere DC-SVP da parte di un uomo DC-SVP. Parafrasando il massmediologo Marshall McLuhan (Roma, Armando, 1976) e tornando alla metafora automobilistica, e’ evidente che “il mezzo e’ il messaggio”.

Ora, ad urne aperte, dopo la solita sbornia di parole pre e post elettorali, il primo comunicato scritto dall’SVP dopo le elezioni ci ricorda che i senatori ed i deputati SVP non vanno assolutamente contati e confusi con quelli dell’Ulivo, con il quale esisteva solamente un accordo elettorale. Visto che scripta manent, verba volant, ho chiesto ad alcuni vecchi amici e compagni di passioni e di lotte giovanili se esiste un accordo scritto Ulivo-SVP, e mi hanno detto che si tratta solamente di un gentlemen’s agreement, un accordo morale tra le parti che non da’ luogo a vincoli giuridici, qualcosa di simile alla stretta di mano che si davano i contadini quando fissavano il prezzo per la mucca al foro boario.

Sono felice di vivere nell’epoca elettronica e non mi dispiace di non essere sommerso dal supporto cartaceo, che comunque mantiene il suo fascino. Gli esperti delle conseguenze cognitive della diffusione del supporto elettronico sono concordi nel sostenere che la volatilita’ dei documenti elettronici e’ superiore a quella degli inchiostri medioevali, anche se ovviamente compensata dalla sua “leggerezza”. Per non essere accusato ancora una volta di essere un disfattista, qualunquista, ecc., vorrei dare una prova di fiducia a chi interpreta l’accordo Ulivo-SVP in maniera positiva, politica, moderna, ed accontentarmi di accordi tra gentiluomini, che sicuramente si trasformeranno in chiare scelte politiche che si potrebbero realizzare in tempi brevi e a costi nulli.

La prima dovrebbe/potrebbe manifestarsi entro pochi giorni e riguarda la presidenza del Consiglio provinciale di Bolzano, promesso alla Verde Zendron. Arrivati a meta’ della legislatura precedente, quando si trattava di onorare gli impegni assunti con il Centrosinistra, nominando la Zendron, l’SVP decise di nominare un altro italiano. Io ne ricordo bene il nome, ma sfido il lettore medio a ricordarlo, per prendere atto della rappresentativita’ che i partner italiani dell’SVP mediamente hanno. Ora, senza fare la rivoluzione, basterebbe onorare gli impegni assunti anche nell’ultimo accordo di giunta per dimostrare che qualcosa e’ cambiato. A chi obiettera’ che la scelta di un esponente della destra significherebbe rispettare le scelte politiche degli altoatesini, rispondo anticipatamente che queste scelte sono state volutamente ignorate da vent’anni.

La seconda dovrebbe/potrebbe manifestarsi entro poche settimane e riguarda il censimento. Non si tratta di abolirlo, ma di trasformarlo da una prova di forza – che porta inevitabilmente a dichiarazioni “di comodo” (leggasi “false”) da parte di bilingui ed italiani, che non tiene conto della nuova situazione sociale creatasi negli ultimi dieci anni con l’immigrazione, e normativa, determinata dalle norme europee sulla libera circolazione della manodopera e dalle norme italiane sulla privacy – in una raccolta di dati statistici oggettivi, dando la possibilita’ di dichiararsi solamente alle persone che ne hanno la reale necessita’, circa il 10% della popolazione. E’gia’ stato presentato un disegno di legge, predisposto dall’Associazione Convivia, da Frattini e Boato, e questo potrebbe essere una prima prova di discussione per vedere se le parti politiche sono adeguate a discutere i problemi reali di questa terra nel 21° secolo, cosi’ diversi dall’epoca in cui questa norma e’ stata emanata. A chi obiettera’ che non ci sono i tempi tecnici per cambiare la norma, rispondo anticipatamente che nel 1991 la norma e’ stata cambiata in agosto.

La terza dovrebbe/potrebbe manifestarsi entro pochi mesi e riguarda la scuola. Non si tratta di creare le scuole bilingui – che comunque dovrebbero nascere “naturalmente” in questo territorio se veramente fosse quel “modello di convivenza” di cui ci ha parlato molto l’ipocrisia buonista della campagna elettorale -, ma semplicemente di riconoscere la piena autonomia delle scuole e dei gruppi linguistici. Nessuno vuole imporre ai sudtirolesi di praticare l’immersione o il bilinguismo precoce, perche’ l’autonomia e’ importante e la scuola e la cultura sono elementi fondamentali dell’autonomia, ma se gli altoatesini hanno finalmente capito l’importanza del bilinguismo non vedo proprio perche’ non possano decidere di arrivarci come meglio credono. A chi obiettera’ che non ci sono gli insegnanti preparati per praticare queste sperimentazioni, rispondo anticipatamente che nelle scuole sudtirolesi fino agli anni Ottanta venivano immessi in ruolo insegnanti senza laurea, con la motivazione che il fascismo aveva chiuso le scuole sudtirolesi sessanta anni prima. Quindi di fronte a situazioni eccezionali si possono anche trovare soluzioni particolari.

La quarta dovrebbe/potrebbe manifestarsi entro pochi mesi e riguarda la toponomastica. Non si tratta di imporre ai sudtirolesi la toponomastica italiana/falsa/fascista, ma nemmeno di imporre agli altoatesini la toponomastica tedesca. A chi obiettera’ che in questo modo si perpetuerebbe l’uso di falsi storici, rispondo anticipatamente che gli altoatesini che potranno scegliere liberamente il toponimo adatto, ma altrettanto liberamente scegliere come diventare bilingui e come studiare la realta’ storica e geografica locale – senza le imposizioni che la Sovrintendenza scolastica era pronta ad emanare nel dicembre del 1997, ritirate in seguito a furor di popolo – sapranno scegliere la toponomastica piu’ adatta alla realta’, quella storica, del territorio, dove la toponomastica italiana e’ spesso ridicola, ma anche quella culturale, della propria cultura.

Se su questi elementi politici fondamentali che, se attuati venti anni fa, avrebbero maturato situazioni politiche molto diverse, elementi che non sottraggono ne’ posti di lavoro ne’ finanziamenti ai sudtirolesi, ma sono di sicuro interesse pratico e simbolico ai fini di una autonomia condivisa e partecipata, l’SVP sapra’ modificare le posizioni di arroccamento e di revanscismo che spesso l’hanno caratterizzata per decenni, e la DC sapra’ superare quell’atteggiamento di “ossequioso rispetto”, che a volte e’ stato confuso – erroneamente, s’intende, per Bacco! – con un vile servilismo finalizzato all’occupazione di tutte le vicepresidenze che potessero garantirle rendite di posizione politica, allora saro’ contento di convincermi che quello che ha portato domenica all’elezione di due parlamentari DC-SVP nel collegio elettorale dove il partito piu’ votato da vent’anni e’ AN e’ stato veramente un accordo politico che portera’ ad una nuova fase dell’autonomia e non un semplice patto di doppia desistenza.

Se su questi elementi le scelte saranno invece diverse, o saranno delle non-scelte, forse sarebbe il caso di rivedere le norme che prevedono il collegio elettorale creato per garantire l’elezione di rappresentanti italiani e le norme riguardanti la rappresentanza italiana nella giunta provinciale. Per come sono andate le cose negli ultimi anni, non mi stupirei se l’SVP garantisse l’elezione di due italiani all’interno della propria lista o in una “lista civetta” – come quelle che lo Stato italiano finanziava ai tempi della prima autonomia – alle prossime elezioni provinciali, …in nome della convivenza e per spirito di servizio, con l’appoggio di qualche utile idiota che potrebbe vedere in questa politica l’inizio di una politica interetnica.

Tornando alla barzelletta sopra citata, non vorrei vedere la rappresentanza del centrosinistra altoatesino, nuda, andare dal paro’n del maso, Luis, spossato dall’esercizio di tanta virile potenza, a chiedergli: “Ma caro, il nostro accordo politico avra’ un futuro?” E lui, infastidito, a risponderle: “Come no? Non vedi tutti quei deputati e consiglieri provinciali che lavorano per me?”

Bolzano, 19 maggio 2001.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 20 maggio 2001.