Diritti & diritti

 

Diritti & dritti 1

Nella marmellata massmediatica cartacea ed elettronica molto spesso i toni sono piu’ importanti dei contenuti, che a volte sembrano diventare elementi secondari della comunicazione. Per questo motivo ogni tanto e’ necessario fermarsi ed analizzare anche le parole che si usano frequentemente e vedere di tornare ai loro significati.

Proviamo a prendere un buon dizionario e cercare i significati di alcuni termini, contestualizzandoli nel dibattito locale.

Da giorni si parla insistentemente di baratto, a volte con riferimento alla vicenda dell’area di via Similaun, altre volte con riferimento alle competenze sulla scuola ed il diritto elettorale.

Barata, voce di origine provenzale d’etimo incerto, significa in origine contesa o zuffa. In seguito barattare assume soprattutto il significato di scambio di oggetti/merci senza far uso di moneta, ma anche di alterare intenzionalmente il significato delle parole. Nel medioevo la baratteria consisteva nel tenere banchi da gioco nelle fiere.

Qui da noi la baratteria e’ tuttora svolta principalmente dalla Commissione dei sei/dodici, che avrebbe dovuto emanare le norme di attuazione dello Statuto del 1972 in due anni ed invece e’ ancora li’ dopo trent’anni. Forse se li avessero pagati a cottimo avrebbero lavorato piu’ celermente; il fatto di considerarli e pagarli come Consiglieri di Stato non li ha incentivati a stressarsi piu’ di tanto. Inoltre giova ricordare le conseguenze politiche dell’attivita’ di questa commissione: tutte le competenze che passavano all’ Autonome Provinz Bozen andavano meccanicamente anche alla Provinz de Trent, e gli altoatesini che ne facevano parte avevano automaticamente il diritto, per se’ o per i propri cari politicamente simili, di avere tutte le vicepresidenze che contano, da quella della Giunta provinciale in giu’. Sulle conseguenze sociali di questo baratto eterno e’ sufficiente notare che, in una terra che spesso viene ipocritamente proposta come modello di convivenza, il 90 % dei sudtirolesi vota per un partito etnico che e’ stato per decenni nemico dichiarato dello Stato italiano, mentre il 50 % degli altoatesini vota per un partito etnico che e’ stato per decenni nemico dichiarato della Provincia tedesca. Il tutto in un clima di sospetto e di sfiducia reciproca.

Ora il paro’n del maso propone di barattare la piena competenza sulla scuola con la diminuzione dei tempi d’attesa degli immigrati d’origine italiana per ottenere il diritto di voto. E’ qui e’ necessario tornare al vocabolario per vedere il significato del termine furberia.

Dal francese fourberie, significa furbizia, azione da furbo, la persona che trae vantaggi dalle situazioni agendo con prontezza, intuizione e senso pratico, derivati: furbacchione, furbastro, ecc.

Mi vengono in mente le confessioni pubbliche di Magnago negli anni Novanta del secolo scorso, quando, al di fuori delle tensioni politiche, poteva tranquillamente ricordare pubblicamente come avvenivano le trattative nei ministeri romani. Il Padre dell’Heimat ricordava che lui e l’Alfons andavano a Roma negli anni Settanta ed Ottanta, ed ogni volta incontravano funzionari e politici diversi, che a volte confondevano anche geograficamente, oltre che etnicamente e politicamente, il Sudtirolo con il Trentino. In brevi pause per il caffe’, parlando tra di loro in dialetto, si chiedevano: “Ma hai visto, non sanno proprio niente! E se gli chiedessimo anche quest’altra cosa?” Silvius ricorda che era sempre l’Alfons a chiedere di andare oltre, e quindi Silvius ne sparava un’altra di grossa… “e ce la davano!”, ricordava pubblicamente Silvius con le lacrime agli occhi dalla commozione e dalle risate.

Ora la proposta del Keiser di discutere della norma dei quattro anni di residenza, che inevitabilmente sara’ spazzata via dall’Europa nei prossimi anni, in cambio della piena competenza sulla scuola, mi sembra rientri in questo filone della politica, mentre la politica dei trentini mi ricorda la figura di Arlecchino, il piu’ furbo di tutti, servo di due padroni, lo Stato italiano nel primo statuto, quello del centralismo regionale, “per garantire gli italiani dell’Alto Adige”, e la Provincia tedesca, e trentina, nel secondo statuto, “per garantire la convivenza in questa regione di frontiera”.

L’assessora Gnecchi ha esordito nei suoi discorsi pronunciati per un anno dopo la sua cooptazione in giunta ricordando che il Kapo’ aveva avuto 104.271 preferenze, mentre lei ne aveva avute solamente 2.302, e che non era possibile fare politica in Alto Adige contro la volonta’ del partito che rappresenta i sudtirolesi. Un giorno le ho ricordato pubblicamente e bonariamente che i due leader dei verdi e dei postfascisti hanno avuto, ognuno dei due, la somma delle preferenze che hanno avuto tutti e tre gli assessori italofoni che l’SVP ha cooptato in giunta. Poi l’ex sindacalista arrabbiata ha iniziato una campagna per farsi definire assessora e non assessore, ed ora, a meta’ legislatura, neanche concentrandomi come un pomodoro riesco a ricordare altre cose significative del suo operato nell’importantissimo settore scolastico.

Mi viene in mente un bel libro di Lucy Irigaray, psicoanalista femminista militante negli anni Settanta, che ha pubblicato un libro intitolato Parlare non e’ mai neutro, nel quale spiega come la comunicazione sociale spesso riproduce acriticamente stereotipi di genere e d’altro tipo. Questo e’ sicuramente vero, occorre pero’ ricordare che anche stare sempre zitti non e’ mai neutro.

In ogni caso anche su questioni importanti la nostra realta’ ci ricorda che non sempre autonomia fa rima con democrazia, che baratti e furberie non sono solamente elementi di un passato politico premoderno e che ai dritti va sempre dritta, alla faccia del diritto.

Bolzano, 24 marzo 2001.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 24 marzo 2001.