Toponomastica e buonsenso

Toponomastica e buonsenso 1

“Da sempre nelle zone di confine la storia ha visto momenti di esistenza pacifica, ma anche momenti caratterizzati da tentativi – piu’ o meno palesi, piu’ o meno riusciti – di snazionalizzazione. Uno dei terreni piu’ cari ai nazionalisti, di tutte le nazionalita’, e’ sempre stato quello della toponomastica, quasi nel tentativo di voler cancellare in questo modo la presenza, la storia e l’identita’ dell'”altro”. Non a caso anche nella nostra storia, nella storia della nostra terra, subito dopo l’annessione il principale punto di contrasto fra il Governatore Militare, Pecori-Giraldi, in una prima fase ed il Commissario Generale Civile, Credaro, in una seconda fase, con il responsabile del Commissariato per la Lingua e Cultura in Lingua Italiana, il nazionalista Tolomei, fu proprio relativo alla toponomastica, con un durissimo scontro fra quanti, pur rappresentando lo Stato Italiano, cercarono di amministrare queste nuove terre con una logica politica rispettosa dell’identita’, della storia e delle tradizioni delle popolazioni che vi abitavano e chi, come il nazionalista Tolomei, pretendeva di cancellare l’identita’ culturale e la storia di queste popolazioni, proprio a partire dalla toponomastica. Noi sappiamo che in una prima fase, quando a Roma governavano ancora i governi liberali, Tolomei non riusci’ a vincere la propria battaglia e dovette andarsene, ma in seguito, con l’affermazione del fascismo e della cultura nazionalista, Tolomei riusci’ ad imporre la propria logica. Come disse lo storico dell’arte Nicolo’ Rasmo, in un articolo pubblicato nel lontano 1954 sulla rivista Cultura Atesina-Kultur des Etschlandes, da lui diretta, in un articolo significativamente intitolato Toponimi e buonsenso…

le conseguenze, astraendo dal penoso senso di ridicolo gravante non soltanto su chi progetto’ tali nomi, ma anche, e ben di piu’, su chi li accolse, li impose e li divulgo’, non mancarono di dimostrarsi controproducenti appunto nel campo della toponomastica stessa; perche’ nella massa delle denominazioni latine o italiane inventate, quelle, ed erano molte, autentiche e, come testimonianze storiche e culturali, veramente importanti, ormai spesso si perdono e rimangono cosi’ prive di efficacia e di valore per la media delle persone che in esse si imbattono. Infatti e’ piu’ logico che queste stesse persone dalla constatazione di prevalenti palesi falsi arrivino ad una conclusione generalizzante del tutto negativa e certo ingiusta.

Ma non e’ questa la sede per discutere del livello di attendibilita’ scientifica della toponomastica italiana, eventualmente compito degli operatori culturali potrebbe essere quello di promuovere ricerche di alto profilo scientifico a prescindere dalle polemiche politiche contingenti. L’Assessorato alla Cultura in Lingua Italiana ha predisposto una Bibliografia della toponomastica relativa alla questione altoatesina, comprendente poco meno di 900 segnalazioni bibliografiche. La Provincia Autonoma di Trento, che puo’ guardare in questa direzione senza l’assillo delle polemiche create artificiosamente dai nazionalisti, ha favorito negli ultimi anni innumerevoli ricerche, la piu’ importante delle quali, il Dizionario Toponomastico Trentino, e’ un modello esemplare di studio della storia, della geografia e della antropologia locale.

A noi preme, in queste sede, ricordare brevemente anche gli aspetti normativi della questione, ricordando pero’ che anche i giuristi, come gli studiosi di linguistica, gli storici, i sociologi, ecc., molto spesso hanno usato le proprie competenze in modo strumentale: basti ricordare chi, pochi anni or sono, citava documenti delle Nazioni Unite estrapolando solamente alcune frasi da contesti generali, stravolgendone completamente il significato. Per quanto riguarda la questione altoatesina, la prima fonte normativa riguardante la toponomastica, dopo l’annessione al Regno d’Italia, fu il Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923, che introduceva la toponomastica italiana sulla base del Prontuario elaborato da Ettore Tolomei ed Ettore De Toni, pubblicato dalla Reale Societa’ Geografica Italiana. Durante l’occupazione nazista nell’Alpenvorland venne ripristinata la toponomastica in lingua tedesca, ma non venne mai formalmente eliminata quella in lingua italiana. E’interessante ricordare un fatto storico sconosciuto ai piu’, relativo ai nomi delle strade della citta’ di Bolzano: durante l’Alpenvorland venne ripristinata la toponomastica cittadina in vigore fino alla prima meta’ degli anni Venti, ma contestualmente venne lasciata in vigore la toponomastica stradale in lingua italiana frettolosamente mutata dopo il luglio del 1943. Dopo la guerra, l’Accordo di Parigi prevedeva, alla lettera B dell’articolo 1,

“l’uso, su di una base di parita’, della lingua tedesca e della lingua italiana nelle pubbliche amministrazioni, nei documenti ufficiali, come pure nella nomenclatura topografica bilingue”;

principio ripreso dagli articoli 11, 84 e 86 dello Statuto di Autonomia del 1948, che comunque ribadivano l’ufficialita’ della lingua italiana. Lo Statuto di Autonomia del 1972 prevede, all’articolo 8, la potesta’ per la Provincia di emanare norme legislative in materia di toponomastica,

“fermo restando l’obbligo della bilinguita’ nel territorio della provincia di Bolzano”,

mentre l’articolo 101 prevede l’uso della terminologia tedesca dopo l’accertamento preventivo ad opera della legge provinciale.

Conseguentemente al quadro legislativo risulta evidente che la legge regionale e’ competente per le denominazioni dei nuovi Comuni e per le modifiche alle denominazioni preesistenti, mentre la legge provinciale e’ competente per la rimanente toponomastica locale e per l’accertamento delle denominazioni tedesche, al fine di legittimarne l’uso da parte della Pubblica Amministrazione, anche se in realta’, essendo i toponimi tedeschi reintrodotti fino dal 1945, tale competenza sembra essere esercitabile soltanto per eventuali variazioni. In ogni riferimento normativo comunque e’ sempre ribadito il carattere bilingue della toponomastica ufficiale nella provincia.

Ma ora, per concludere, penso che sia necessario tornare al rapporto fra la toponomastica e il buonsenso. Risulta infatti evidente che un eventuale impedimento legislativo nei confronti della comunita’ italiana del diritto di esprimersi nella propria lingua per identificare, secondo criteri ormai famigliari, i luoghi in cui la comunita’ si e’ sviluppata da piu’ di settant’anni, significherebbe incentivare una frattura fra la comunita’ e il territorio, creando una progressiva estraneita’ rispetto alla realta’ locale. Sara’ sicuramente il buonsenso, insieme ad una maggiore conoscenza della seconda lingua, della storia, della geografia e dell’antropologia locale – che noi tutti auspichiamo siano sempre piu’ frequentemente studiate nelle nostre scuole, seguendo le indicazioni delle piu’ aggiornate metodologie didattiche, anche sulla base dei nuovi programmi per le scuole elementari e medie emanati dal Consiglio provinciale -, che renderanno inevitabile, nel corso del tempo, l’uso della lingua tedesca per quanto riguarda la microtoponomastica, cosi’ immediatamente legata alla storia, alla geografia ed all’antropologia. Riteniamo che questo tipo di scelte politiche, relative a politiche culturali, rappresentino la strada da seguire per fare in modo che il terreno della toponomastica si trasformi, nel corso del tempo, da un terreno minato – minato abilmente dai nazionalisti di entrambe le parti – in un terreno di confronto e di studio per il reciproco arricchimento di tutti coloro i quali intendono vivere pacificamente in questo territorio.”

Con queste frasi ho introdotto, nel 1993, una ricerca bibliografica in seguito pubblicata con il titolo: Bibliografia della toponomastica relativa alla questione altoatesina, con introduzione di G. B. Pellegrini, Milano, Bibliografica, 1994.

In seguito ho proposto all’attenzione dei partecipanti ad un convegno di storici l’approvazione di una mozione con questo testo:

“I relatori ed i partecipanti al Convegno di studi Un nazionalista di confine. Ettore Tolomei (1865-1952), organizzato dalla Michael Gaismair Gesellschaft e dall’Arbeitsgruppe Regionalgeschichte-Gruppo di ricerca di storia regionale, svolto a Bolzano il 3-4 novembre 1995, ribadendo il proprio impegno affinche’ la conoscenza della storia locale consenta a tutte le popolazioni che abitano un territorio di possedere gli strumenti culturali necessari per vivere e convivere bene, ricordando che spesso il potere politico ha utilizzato ed utilizza la storia e gli storici per promuovere operazioni di pulizia etnica dal punto di vista storiografico, consapevoli che in questa fase di fine secolo c’e’ ancora chi auspica e propone, tra gli italiani ed i tedeschi, a Roma ed a Bolzano, l’eliminazione del bilinguismo nella toponomastica altoatesina/sudtirolese, chiedono che il bilinguismo, ed il trilinguismo per le zone ladine, della toponomastica dell’Alto Adige-Suedtirol sia mantenuto per garantire, anche in questo modo, la cittadinanza culturale delle popolazioni che abitano il territorio.”

Da allora poco e’ stato fatto nel campo culturale e scolastico affinche’ la questione della toponomastica venga studiata anche dal punto di vista storico, per vedere quando e come sono stati coniati e trasformati i toponimi; linguistico, per vedere le stratificazioni contenute nei toponimi; geografico, per vedere come la toponomastica puo’ essere un formidabile strumento per verificare i processi di antropizzazione; sociologico-antropologico, per vedere come la toponomastica possa costituire un elemento costitutivo delle identita’ collettive.

E’ rimasto un problema esclusivamente politico e, a parte il progetto dei Verdi, che giustamente propone di limitare l’intervento legislativo ai toponimi di interesse pubblico ed evita l’assurda differenziazione tra macro e microtoponomastica, la questione viene proposta dai partiti tedeschi con spirito revanchista camuffato da rigore storico o filologico e dai relitti dei partiti italiani come merce di scambio.

Mi scuso per il lungo intervento, in gran parte autoreferenziale. Per farmi perdonare vorrei chiudere con un divertente aneddoto tratto da un articolo di Lorenzo Soria, pubblicato su “La Stampa” di Torino il 4 agosto 1996, che custodisco gelosamente nel mio archivio.

L’articolista ricordava che due studentesse di filologia dell’Universita’ del Minnesota hanno compiuto accurati studi sull’etimologia della parola “squaw”, considerata anche dagli europei amanti dei western una definizione di donna indiana. Le due zelanti ricercatrici hanno scoperto che in origine tale definizione non si riferiva alla donna nel suo insieme, ma solamente ad una sua parte, la vagina, esattamente come alcuni italiani poco “politically correct” dal punto di vista femminile utilizzano il nome di una parte, seppur importante, del corpo femminile per sintetizzare il tutto. In seguito a queste ricerche il Governatore dello stato ha firmato una legge che ha imposto ad undici contee di ribattezzare laghi, fiumi, prati e monti che contenevano nel toponimo il riferimento alla parola storicamente radicata ma improponibile di fronte alle nuove sensibilita’ di correttezza linguistica e di genere.

Il 30 luglio 1996 scadeva il termine imposto alle contee per applicare la legge del Governatore, ma una delle undici contee, nella quale gli abitanti avevano ribadito di essere oramai affezionati a quei toponimi, seppur divenuti imbarazzanti, ha applicato alla lettera le indicazione legislative e, invece di inventare nuovi nomi, ha trasformato lo “Squaw Lake” e lo “Squaw Creek” in “Politically correct Lake” e “Politically correct Creek”.

Bolzano, 5 ottobre 2000.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” l’8 ottobre 2000.