Los von Trient, Rom und Bruxelles

Los von Trient, Rom und Bruxelles 1

Pur con l’opposizione dei sudtirolesi, De Gasperi riusci’ ad allargare il quadro di riferimento dell’autonomia prevista dall’Accordo di Parigi all’intera regione, offrendo l’autonomia anche al Trentino e ponendosi come sentinella nei confronti dei sudtirolesi e difensore degli equilibri etnici della regione, complessivamente favorevoli anche agli altoatesini di lingua italiana.

Subi’to dai sudtirolesi, che avrebbero voluto l’autodeterminazione, e non voluto dagli altoatesini, che politicamente si sentivano tutelati dallo Stato, il primo statuto venne gestito all’epoca di Odorizzi – che fu anche l’epoca della Guerra fredda e dell’estromissione delle sinistre dalle responsabilita’ di governo – con una logica centralistica/regionale/trentina e quindi con i sudtirolesi come gruppo minoritario, che oggettivamente rischiava l’assimilazione, senza la piena applicazione dell’articolo 14 che prevedeva l’esercizio dell’autonomia da parte della Regione anche attraverso deleghe alle due Province.

Il terrorismo sudtirolese degli anni Cinquanta e Sessanta e’ stata una delle forme di resistenza attuate dalla minoranza sudtirolese nei confronti dello Stato italiano. La minoranza sudtirolese annessa contro la sua volonta’ allo Stato italiano nel 1919 ha conosciuto dall’annessione agli anni sessanta la contraddittoria politica attuata dai deboli governi liberali del primo dopoguerra, la persecutoria politica attuata dal forte governo della dittatura fascista e, dopo la parentesi “liberatoria” dell’Alpenvorland, la contraddittoria politica attuata dai governi centristi del secondo dopoguerra.

Tutti i tentativi attuati, manifestamente o subdolamente, dai vari governi per cercare di italianizzare il territorio e/o la popolazione sono fortunatamente miseramente falliti, e l’unica conseguenza concreta si e’ manifestata e si manifesta nel disprezzo comprensibile nei confronti dello Stato italiano, anche di quello democratico ed a prescindere dalle politiche attuate, e nel conseguente disprezzo non sempre giustificato nei confronti della popolazione di lingua italiana, a prescindere dalle articolazioni di classe, politiche e culturali in essa presenti.

Le date periodizzanti del 1919, 1922, 1943, 1948 e 1972, corrispondenti all’annessione, all’avvento del fascismo, all’occupazione/liberazione nazista, all’emanazione del primo Statuto di autonomia a carattere fortemente regionale ed all’emanazione del secondo Statuto di autonomia a carattere fortemente provinciale, hanno ampiamente dimostrato che, in questa regione da sempre plurilingue, chi gestisce il potere, anche dopo una lunga situazione di dominio subi’to, lo esercita con una logica quantomeno centralista ed a volte revanscista, purtroppo confermando la famosa affermazione di Mussolini secondo il quale le situazioni ed i problemi delle minoranze non si possono risolvere, ma solamente capovolgere.

Gli italiani dell’Alto Adige devono rendersi conto che senza il Los von Trient ed il terrorismo i sudtirolesi non avrebbero potuto autoamministrarsi all’interno dell’autonomia regionale applicata centralisticamente dai trentini, e devono smetterla di rimpiangere lo Stato centralista o la Regione centralista che hanno sempre tentato, spesso vanamente, di portare avanti politiche che ledevano gravemente la possibilita’ di autogoverno dei sudtirolesi e non sempre hanno tutelato gli altoatesini. Senza questa presa di coscienza non solo non si comprende l’attuale atteggiamento dei sudtirolesi nei confronti dello Stato e della Regione, ma diventa compiacente vittimismo la giusta lamentela contro l’attuale centralismo provinciale e la politica revanscista proposta da quegli esponenti dell’SVP che pretendono di cancellare o ridurre drasticamente la minoranza italiana provinciale, proponendo esclusivamente un rapporto basato sugli equilibri numerici tra le popolazioni che, se applicato dallo Stato, avrebbe di fatto cancellato le minoranze statali.

Ne’ il primo statuto, che nella sua attuazione pratica ha negato le autonomie provinciali e di fatto non ha concesso il pieno autogoverno delle minoranze nazionali, ne’ il secondo statuto, che nella sua attuazione pratica ha negato le autonomie comunali e non ha concesso la piena e paritaria compartecipazione degli altoatesini alla gestione dell’autonomia provinciale dell’Alto Adige, hanno creato i presupposti per quel sentimento di solidarieta’, senso civico di appartenenza e lealismo istituzionale che dovrebbero garantire i presupposti per un pieno utilizzo, su un piano di pari dignita’, delle potenzialita’ dell’autonomia.

Nel considerare il rapporto tra passato e presente si deve prendere atto che i processi politici e sociali hanno durate e ricadute diverse fra i molteplici gruppi che caratterizzano anche territori molto piccoli e che l’accelerazione dei fenomeni sociali cambia continuamente, ad un ritmo sempre piu’ intenso, le caratteristiche dei territori e delle popolazioni.

Per evitare giudizi sommari la conoscenza della storia deve caratterizzare il lavoro quotidiano di tutte le persone impegnate nella formazione dell’opinione pubblica, dagli insegnanti ai giornalisti. L’importanza della conoscenza della particolarissima storia locale risulta evidente non solamente verificando gli avvenimenti storici, ma semplicemente analizzando l’evidente divisione etnica del lavoro e del territorio regionale/provinciale e le sue caratteristiche sociologiche, soprattutto ma non esclusivamente nel rapporto citta’/campagna. La storia locale non deve avere carattere sostitutivo, ma integrativo rispetto alla conoscenza della storia dello stato e del sistema/mondo nel quale questo territorio era ed e’ inserito, ed e’ compito di chi forma l’opinione pubblica cercare l’integrazione tra le culture, non lo scontro o l’assimilazione dei gruppi nazionalmente o localmente minoritari. Gli storici devono impegnarsi nella ricostruzione e nella divulgazione delle conoscenze relative al passato senza timore di confrontarsi con argomenti scottanti, nella consapevolezza che in questo territorio il ruolo di carnefice e vittima, maggioranza e minoranza, nelle diverse date periodizzanti del XX secolo, fortunatamente o sfortunatamente e’ stato giocato sia dagli italiani che dai tedeschi. Per questo motivo e’ semplicemente ridicolo proporre la patetica ricerca di storie condivise, ma e’ fondamentale considerare la storia del XX secolo oramai come la storia del secolo scorso.

Quando ci si riferisce al territorio, facendo finta di modernizzare la politica in questo modo in realta’ medievale, spesso prevale la logica di chi, negli ultimi cento anni, ha rivendicato e imposto, quando ci e’ riuscito, confini diversi, ma sempre favorevoli al proprio gruppo linguistico. Tolomei proponeva negli anni Venti due circoscrizioni elettorali nella regione applicando un confine verticale, perche’ in questo modo in entrambe le circoscrizioni la maggioranza sarebbe stata degli italiani; il primo statuto di autonomia riguardo’ l’intera regione, per gli stessi motivi, ed ora le ultime competenze sono andate alle due Province con la stessa logica. La regionalizzazione, fenomeno ben diverso dal regionalismo, e’ un processo di definizione da parte dell’autorita’ di ambiti territoriali di riferimento. Chi proponeva le Tre Venezie, il Trentino-Alto Adige o il “sacro confine” segnato dalla linea spartiacque faceva operazioni politiche che strumentalizzavano la geografia. Chi propone l’Euregio, riferendosi continuamente alla storia e non al presente, compie operazioni politiche che strumentalizzano la storia.

Dopo il Los von Trient ed il Los von Rom ora l’SVP si appresta all’ultima battaglia: il Los von Bruxelles. L’SVP, partito da sempre legato all’etnia ed al territorio, si e’ sviluppata con cinquanta anni di anticipo rispetto ai nuovi movimenti etnofederalisti che si sono tumultuosamente e pericolosamente sviluppati a ridosso dell’arco alpino negli anni Novanta, e per molti di loro rappresenta un modello. Sull’efficienza e la ricchezza del modello non si puo’ discutere, ma anche il fascismo, eliminate le opposizioni, era molto efficiente. Il problema rimane quello di raccordare l’efficienza alla democrazia; la tutela delle minoranze nazionali, localmente maggioritarie, con quella della minoranza locale di lingua italiana e dei gruppi di recente immigrazione; la giusta rivendicazione del potere che il consenso elettorale riconosce al partito di maggioranza assoluta con i diritti delle minoranza politiche locali; il diritto alla scuola in madrelingua con quello delle scuole bilingui e plurilingui; il diritto di contare le minoranze con quello di garantire le liberta’ individuali ed altre cosette di questo tipo.

Quando c’era Lui, caro Lei, i treni arrivavano sempre in orario.

Da quando c’e’ Lui(s), caro (De)Lai, il Sudtirolo e’ sempre piu’ pericolosamente monoetnico -tendenzialmente tedesco-, monopartitico -tendenzialmente SVP- e monarchico -tendenzialmente assolutistico-.

Come si dice da queste parti con orgoglio sprezzante: “Es ist alles gut. Alles in deutscher Hand”.

Bolzano, 14 novembre 2000.

Giorgio Delle Donne

1 Articolo pubblicato sull'”Alto Adige” il 17 novembre 2000.