Censimento

Censimento 1

Strano posto il Sudtirolo.

Il dibattito politico e’ talmente lontano dalla realta’ quotidiana, urlato e contraddittorio, che in poco tempo, a seconda delle circostanze, una autonomia etnofederalista puo’ trasformarsi in un modello di convivenza e viceversa, a seconda che si stia nella maggioranza o all’opposizione.

Anche le questioni legate alla dichiarazione di appartenenza etnica rientrano in questo contraddittorio modo di analizzare la realta’ e di fare proposte politiche.

Le motivazioni che portarono, oltre 30 anni fa, a prevedere una spartizione proporzionale delle risorse disponibili erano legate alla giusta necessita’ di risarcire il deficit subito dai gruppi di lingua tedesca e ladina conseguentemente alla politica attuata durante il fascismo e la prima autonomia, di carattere regionale. La proporzionale avrebbe dovuto quindi avere carattere risarcitorio ma anche transitorio.

Nel 1971 la dichiarazione era anonima, finalizzata esclusivamente a funzioni statistiche. Conseguentemente all’emanazione del 2° Statuto ed alla norma relativa alla proporzionale gli equilibri politici dell’epoca portarono, in occasione del censimento del 1981, alla dichiarazione individuale nominativa per uno dei tre gruppi statutariamente previsti, nonostante le forti critiche avanzate dalla Nuova Sinistra/Neue Linke e dall’Associazione famiglie mistilingui. Dopo una serie di ricorsi parzialmente accolti a Roma (fortunatamente il TAR locale, con i giudici nominati dai partiti di maggioranza, non aveva competenze in questo settore) sembro’ esserci la possibilita’ di svolgere nuovamente il censimento linguistico del 1981 o di tenere in considerazione la questione della presenza di persone non classificabili all’interno dei tre gruppi ufficialmente considerati per il censimento del 1991, ma pochi mesi prima del suo svolgimento un accordo politico determino’ la possibilita’ di dichiararsi appartenenti a qualsiasi altro gruppo, confermando pero’ al tempo stesso l’obbligo di aggregarsi ad uno dei tre gruppi.

Sarebbe forse il caso di verificare se il ritorno ad un censimento linguistico anonimo possa garantire al tempo stesso le minoranze ed il diritto alla riservatezza dei dati statistici, determinando la reale quantificazione della consistenza dei gruppi, evitando dichiarazioni di comodo che spesso determinano un “effetto volano” a favore dei gruppi localmente piu’ consistenti, tanto piu’ evidente ora che la lingua di svolgimento dei concorsi non e’ necessariamente quella dichiarata dai candidati.

E’ necessario garantire reciprocamente le minoranze nazionali e la minoranza provinciale dalle politiche delle amministrazioni pubbliche (statale, regionale, provinciale, comunali) che rimangono caratterizzate da forti egemonie linguistiche, auspicando che un bilinguismo sempre piu’ generalizzato, ma non imposto, ed una reale partecipazione possano superare una situazione che fa sentire alcuni gruppi a casa propria ed altri ospiti nelle diverse amministrazioni pubbliche.

Si tratta anche di verificare a che punto siamo con l’ipotizzato riequilibrio che avrebbe dovuto essere garantito entro 30 anni dall’applicazione della proporzionale e quali sono state le diverse fasi e modalita’ della sua estensione e applicazione (matematica, conseguente alla composizione del Consiglio provinciale, ai dati dei censimenti del 1981 e 1991, sensibile al criterio del bisogno, ecc.), passata, presente e futura.

Oltre a queste questioni di fondo si dovrebbe affrontare la tematica degli appartenenti a famiglie bilingui, sempre piu’ numerose, soprattutto nei grossi centri della provincia. Secondo alcuni studi circa il 10% della popolazione dell’Alto Adige/Suedtirol vive in famiglie bilingui. Una applicazione spesso rigida dell’autonomia ha imposto ai figli delle famiglie miste di scegliere di frequentare una scuola tedesca o italiana, che in ogni caso non corrisponde pienamente alla loro cultura. Anche senza richiedere l’istituzione di scuole per i figli delle famiglie bilingui, se una reale autonomia delle scuole consentisse la creazione, anche a titolo sperimentale, di sezioni con l’insegnamento delle diverse materie nelle diverse lingue, molti problemi verrebbero superati.

La mobilita’ territoriale ha determinato negli ultimi dieci anni il trasferimento di migliaia di persone, provenienti soprattutto dai paesi europei ed africani. Le normative europee sulla libera circolazione della manodopera e le norme sul diritto elettorale attivo e passivo spesso contrastano con l’obbligo di dichiararsi appartenenti ad uno dei tre gruppi ufficialmente riconosciuti ed altre norme statutarie. Una recente sentenza ha stabilito che il patentino di bilinguismo accertato e rilasciato dalla Provincia non puo’ essere l’unico titolo di bilinguismo riconosciuto. Gli ultimi dati ASTAT disponibili, relativi al 1998, indicano oltre 11.700 stranieri residenti in provincia, dei quali circa 4.400 comunitari e 7.300 extracomunitari, ma gli stranieri presenti sono almeno 20.000, presenti soprattutto nella citta’ di Bolzano (3,4% della popolazione, circa 3.500 persone) e Merano (4,8% della popolazione, circa 1.500 persone).

La complessita’ sociale sempre piu’ accentuata richiede una maggiore elasticita’ nel governo della nostra autonomia. Una autonomia sempre piu’ centrata su un territorio da sempre plurilingue e sempre piu’ multiculturale e sulle persone che lo abitano potrebbe spostare la titolarita’ dei diritti civili dal gruppo, spesso fonte di pericolose degenerazioni, all’individuo.

Strano posto il Sudtirolo.

Ora che tutte le regioni d’Italia ed altri territori abitati da minoranze chiedono una autonomia come quella altoatesina e’ necessario dimostrare di essere in grado di indicare soluzioni sempre piu’ adatte a questa nuova realta’, dove il fattore etnico deve essere considerato solamente uno degli elementi, ne’ l’unico ne’ necessariamente il piu’ importante.

Bolzano, 12 luglio 2000.

Giorgio Delle Donne

1 Editoriale pubblicato sull'”Alto Adige” il 26 luglio 2000.